BRUCE SPRINGSTEEN (Tunnel of Love)
Discografia border=Pelle

             

  Recensione del  30/01/2004
    

Tunnel Of Love (1987), una raccolta di canzoni d'amore (che in realtà racconta le vicende della separazione da sua moglie, tra le note di copertina si legge un laconico "Thanks Juli". ), limita l'enfasi retorica e paternalistica e sprofonda invece in atmosfere crepuscolari e autunnali. Springsteen tenta di forgiare lo spleen dell'era moderna, non quello dei bohemien decadenti, e non quello dei bluesman emarginati, e neppure quello del ribelle di strada, ma quello dei giovani piccolo-borghesi integrati alle prese con le illusioni e le delusioni della vita. É un corollario a Nebraska, un altro album profondamente personale e fondamentalmente mitologico che ha il suo momento maggiore in Brillant Disguise (un tipico brano "baion" nella tradizione di Leiber/Stoller).
Musicalmente la regressione che lo aveva portato al "wall of sound" di Spector approda ora al pop del Brill Building, con reminescenze del phrasing di Gene Pitney e degli arrangiamenti di Burt Bacharach (anche se eseguiti al sintetizzatore, come in Tunnel Of Love). Lo Springsteen introspettivo è meno agghiacciante di quello sociale, ma non meno profondo, parlano di un uomo in crisi con sé stesso (Brilliant Disguise, Two Faces), di una cucina vuota che non vuole saperne di accogliere una coppia che si ama (One Step Up), di pezzi di ricambio e cuori infranti (Spare Parts). Il vocabolario della crisi ha pagine di tutti i colori, scritte ora con dolcezza ora crude come si usa in certi casi. La favola tra il rocker e la bella modella svanisce tra canzoni memorabili (Tougher Than The Rest, Walk Like A Man) che hanno un sapore nuovo, levigate di pop ma anche imparentate col folk. Anche cambiando tema e stile, Springsteen è unico nel modo in cui riesce a conservare la sua identità. Bastano due secondi per capire che questo è lo stesso Springsteen dei primi anni.
Il cantautore della mezza età riesce a collegare con naturalezza le esperienze più intime della sua vita privata alle esperienze più globali della vita pubblica. È uno dei pochi rockers che ha rifiutato il motto fondamentale del rock and roll ("live fast die young") e ha invece trasformato il rock and roll in un'arte della crescita individuale. Il country di cui si era parlato in attesa del disco si avverte in lontananza. Arriverà molto più avanti. Segue un tour molto bello e amato non solo dai fedelissimi, concerti che beneficiano del sostegno di una sezione fiati e di un gruppo di canzoni molto ben scelte.