BRUCE SPRINGSTEEN (Born in the U.S.A.)
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  Recensione del  29/01/2004
    

Come si può classificare BORN IN THE U.S.A.? Come definire l'album che ha fatto di Springsteen un'icona del rock mondiale facendogli raggiungere vastissime platee di pubblico (e lasciando al contempo perplessi molti vecchi fan)?
Indubbiamente BORN IN THE U.S.A. rappresenta la croce & delizia di ogni appassionato di Springsteen che si rispetti: spesso bistrattato perchè troppo "facile", orecchiabile, modaiolo; molte volte (esageratamente) idolatrato come gemma assoluta del rock. Per fornire un giudizio su BORN IN THE U.S.A., così come per qualunque altro album, non si può prescindere da una sua "contestualizzazione": siamo nel pieno degli anni '80, Springsteen ha da poco sfornato un lavoro "arioso" come THE RIVER (1980) ed uno riflessivo come NEBRASKA (1982); il suo livello creativo (che è sempre stato alto) è al massimo, lo dimostra l'elevato numero di brani che Bruce registra in questo periodo (molti di questi, dopo esser circolati per anni nel circuito dei bootleg).
Certamente lo stile dell'album appare spensierato, positivo, sfarzoso; ma ciò spesso è in contrasto con la riflessività dei testi di molti brani come la title-track, "Glory Days", "My Hometown" e altri. Il disco è prodotto magistralmente, il suono è sontuoso, la E-Street gira alla perfezione e Bruce è in forma sfavillante.
La title-track, uno dei brani più celebri della storia della musica rock e certamente quello che più rappresenta Springsteen, ha bisogno di pochi commenti: "Born In The U.S.A." si ama o si odia, (oppure si ama E POI si odia?). "Cover Me" parte e continua con un riff di chitarra ripetuto all'infinito, ma il risultato è buono (e dal vivo anche meglio); la scanzonata "Darlington County" e "Working On The Highway" ti coinvolgono con la loro ritmica incalzante, e preparano il terreno per la più lenta "Downbound Train": brano forse poco in vista rispetto ad altri più celebrati, lo reputo un dei migliori dell'album sia per il testo che per l'arrangiamento.
La ottima quanto breve "I'm On fire" ci introduce ad un'altra perla del disco: "No Surrender" esplode con tutta la forza dei suoi cori, delle chitarre, del lavoro incessante di Weinberg dietro ai tamburi. "Bobby Jean" vede la forte presenza del sintetizzatore e del cantato tirato di Bruce, "I'm Goin' Down" è un'altra traccia coinvolgente ma risulta un po' ripetitiva. [/b]Non si può resistere al riff iniziale di "Glory Days", né tantomento al suo ritornello; segue la celeberrima "Dancing In The Dark", brano pop che -nonostante tutto- trovo irresistibile. "Dancing In The Dark" non sarebbe dovuta apparire nell'album, composta ed inserita all'ultimo momento ha fornito l'apporto decisivo per la consacrazione finale dell'album.
Dopo due pezzi entusiasmantil la foga si placa per far posto alla bellissima e riflessiva "My Hometown" che chiude in bellezza l'album. In conclusione BORN IN THE U.S.A., bello ma non imprescindibile come alcuni vorrebbero far credere, ha avuto molto successo ma non lo pongo di certo in cima alla discografia del Boss, nella quale sono presenti altri lavori magari meno "strombazzanti", ma certamente più intensi e maturi di questo.