BRUCE SPRINGSTEEN (Greetings From Asbury Park, N.J.)
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  Recensione del  15/01/2004
    

"Greetings From Asbury Park" è un titolo che racchiude perfettamente tutto ciò che gravita intorno a questo disco che rappresenta l'esordio di un Bruce Springsteen ancora legato a stilemi dylaniani e acerbo così come lo è la produzione affidata in prima istanza a Mike Appel (bisogna anche ricordare che di quella che sarà la E-Street Band sono presenti solamente "Big Man" Clemons e Gary Tallent e alla batteria giostra ancora quel Vincent Lopez che era stato assoluto protagonista negli Steel Mill).
Cartolina da uno stato che dopo Springsteen non è solo una targa gialla e nera (diventerà gialla e celeste, anni dopo). Bruce è un ragazzo, cresciuto col rock'n'roll, che dal New Jersey si spinge a New York per dei provini con la chitarra acustica in mano, e nemmeno un fodero a proteggerla. Queste canzoni nascono acustiche, poi il talent scout John Hammond approva che vengano rimpolpate. Le chitarre sono taglienti, il rasoio di Bruce un po' meno. Non tutti capiscono la forza di quella poetica di strada, molti si ricrederanno, qualcuno - più lungimirante - già festeggia.
I temi trattati in questo esordio sono molto lontani da quelli che renderanno celebre Springsteen ma sostanzialmente mostrano, nonostante la presenza di certi simbolismi pasticciati, l'inizio di un processo di maturazione sorprendentemente rapido se consideriamo l'età e la rapportiamo alla sua tribolata parabola adolescenziale. La prima canzone del disco è "Blinded By The Light", una canzone frizzante che vede la presenza al basso dello stesso Bruce (la canzone sarà poi portata al successo dalla Manfred Mann's Earth Band) e precede una canzone simbolo come "Growin' Up" che è stata coverizzata splendidamente da un ispiratissimo David Bowie; dopo queste due ottime canzoni arriviamo a "Mary Queen Of Arkansas", una canzone che amo particolarmente e Bruce la canta col cuore. "Does This Bus Stop At 82nd Street?" è un altro pezzo movimentato che nella economia dell'intero disco si piazza magistralmente prima di quella che io considero la vera perla di questo esordio: "Lost In The Flood", una canzone che ancora oggi emoziona come se fosse la prima volta (strepitosa l'esecuzione londinese del 1975)e che si può tranquillamente annoverare tra le 15 canzoni più belle di Springsteen; "The Angel" è invece una delle canzoni meno considerate della sua carriera, mentre le due successive canzoni, "For You" e "Spirit In The Night" (in cui ricompare Bruce al basso) sono a mio avviso due esempi splendidi di avvicinamento alle atmosfere di "Born To Run" e precedono "It's Hard To Be A Saint In The City" che è caratterizzata da un riuscito connubio tra i vari strumenti e in un certo senso ci porta dritti dritti verso un disco imprevedibile come "The Wild, The Innocent & E-Street Shuffle".
In definitiva, esaminando tutti gli aspetti, consiglio questo come disco da cui partire per apprezzare le risorse di questo straordinario cantautore, pur non ritenendolo ovviamente all'altezza dei suoi capolavori.