GRAHAM PARKER (The Mona Lisa Sister)
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  Recensione del  26/01/2004
    

Graham Parker una volta che il polverone punk si dileguò riuscì a trovare una voce più personale, come testimoniò l'ottimo Squeezing Out Sparks (Arista, 1979), il suo capolavoro, segnato da una incontenibile rabbia esistenziale. Da ricordare su tutte il sound di Local Girls diretto, duro, cinico e incalzante, un rock pieno e maturo, suonato da un complesso solido come la Band, e cantato con un tono incisivo che, abbandonato il sarcasmo adolescenziale, si rivela come ibrido del soul sanguigno di Van Morrison, del folk arrabbiato di Dylan, del country introverso di Neil Young e della veemenza proletaria di Springsteen.
Negli anni '80 Graham Parker rimane un po' in sordina, e tornando in orbita indipendente (almeno in patria), l'artista inglese riscopre la sua vera natura e sorprende con un grande album, da lui stesso prodotto insieme all'immancabile Schwartz, questo The Mona Lisa Sister. Rinfrescanti sonorità elettro-acustiche, musicisti perfettamente in ruolo (ci sono il bassista Andrew Bodnar, un altro ex Rumour, e il batterista degli Attractions Pete Thomas), equilibrio perfetto tra grinta e introspezione lirica, ritmo e melodia: partenza a spron battuto con la vigorosa ballata Don't Let It Break You Down e l'incalzante Under The Mask Of Happiness, mentre il singolo Get Started, Start A Fire aggiunge squadrate battute funkeggianti e The Girl Isn't Ready recupera le ondulazioni pigre del reggae. Back In Time e OK Hieronymus sfoggiano l'energia dei tempi antichi, Blue Highways ha un delizioso sapore folk, mentre il soul torna di prepotenza con I'm Just Your Man e la bella cover di Cupid di Sam Cooke: quasi un viatico a Success, agrodolce ballata sulle trappole della gloria effimera dove tutto è impeccabile.
Il miglior disco di Parker, con Howlin' Wind e Squeezing Out Sparks. La ristampa 1999 su Buddha include un brano in più, il pop rock Ordinary Girl.