C'è un buco nero dentro il quale
Will T. Massey si è eclissato per quindici lunghi anni, tanti ne sono passati da quel fulmineo esordio del 1991, rimasto purtroppo un episodio isolato, una promessa non mantenuta e in ultimo uno dei tanti, troppi stereotipi del rock'n'roll. Una discesa agli inferi che non sembra però avere scalfito la forza di quelle canzoni: proprio il recente tour acustico della nostra penisola ha riaffermato l'affetto del pubblico, che non si è dimenticato di
I Ain't Here,
It's Midnight all day Long e delle altre gemme di quel omonimo lavoro dove tra gli altri Roy Bittan, Mike Campbell, Jim Keltner e Waddy Watchel parevano tenere a battesimo una nuova stella del rock americano.
Il ritorno alla canzone e alle esibizioni per il songwriter di San Angelo, Texas, è avvenuto già lo scorso anno, con un paio di sommesse raccolte acustiche. Oggi è finalmente la volta del suo primo disco elettrico e full band dopo l'interminabile silenzio:
Letters in the Wind è stato realizzato grazie all'ammirevole contributo di diversi musicisti, nomi assai quotati sulla piazza texana, tra cui le chitarre di Charlie Sexton, la steel e il dobro di Lloyd Maines, il piano e l'accordion di Bukka Allen, i cori di Tish Hinojosa.
Un bel bottino davvero, nonostante l'assenza di etichette alle spalle e il budget limitato. Il disco non agguanta però un suono personale, causa la produzione deficitaria di Stephen Doster, seppure sia rivelatore di una nuova stagione per Will. Non è passato indenne attraverso la sua personale odissea: facendo di necessità virtù,
Letters in the Wind deve adattare il songwriting alla voce oggi fragile e impacciata di Massey, scegliendo un taglio più romantico da folksinger.
Domina dunque la forma ballata, un country rock docile che mette in risalto le immagini poetiche dei testi, forse la nota più consistente. All'ascolto del tappeto di archi in
Later to Live, delle tenerezze di
Yesterday Without You e
I'll Never Love You Wrong risulta chiaro che il rock'n'roll è definitivamente messo in un soffitta, almeno per questo giro. Solamente il ciondolare brillante di
Blue Shadow e
Younger Than We Knew riporta a galla un sound più elettrico, seppure molto contenuto e in linea con l'atmosfera raccolta di tutto il disco.
Non necessariamente un male, se è vero che il limpido scorrere roots della title track e di
Forever in Love With You riesce a commuovere ancora. Irrealistica probabilmente la speranza di afferrare l'ispirazione del suo debutto, il nuovo corso di
Will T Massey riparte dai versi di
Something Lost, quasi una confessione:
something lost somewhere along the way/ i count the cost in dreams of yesterday/ coming back for a place to stay.