JACKSON TAYLOR BAND (The Whiskey Sessions)
Discografia border=Pelle

     

  Recensione del  15/11/2006
    

Nuovo lavoro per il country rocker texano Jackson Taylor a pochi mesi di distanza dall'ottimo disco live, e nuova prova ad alto livello, ma questa volta particolarmente riuscita. Abbiamo seguito sempre il giovane Jackson, dagli esordi di Humboldt County fino ad oggi, e ne abbiamo visto la progressiva crescita: il suo country, ispirato dai grandi outlaws della musica texana (Billy Joe Shaver, Waylon e Willie e, fuori dal Texas, Cash e Haggard) ha sempre avuto al suo interno massicce dosi di rock, e le chitarre hanno sempre rubato la scena agli altri strumenti classici quali violino, banjo e mandolino. Questo The Whiskey Sessions (titolo ispirato dal contenuto di molte canzoni o, forse, dal fatto che la ben nota bevanda alcolica era sempre ben presente in sala di registrazione!) ha comunque una marcia in più: è una vera bomba, le chitarre suonano dure come non mai, la sezione ritmica è un macigno, e Jackson canta con grinta inusitata.
Grande musica quindi, anche perché il sound è supportato da brani di qualità superiore: non una mera sventagliata di decibel, ma una manciata di brani completi, suonati da gente che sa il fatto suo (oltre a Taylor, ci sono Josh Hamilton alla chitarra solista, Ronnie Belaire alla slide e altre chitarre, Drue Underhill alla batteria e Allen Larsen al basso) e con un leader che sa scrivere canzoni vere. Il capolavoro di Jackson, il quale non curerà molto la forma (il titolo fa pensare ad un ripescaggio di una oscura session passata mentre il disco è nuovo di zecca - e la copertina è praticamente la stessa di Hollow Eyed And Wasted), ma bada senz'altro alla sostanza. Dodici brani, più come bonus una canzone live e due rifacimenti di brani di qualche disco fa. Si comincia alla grande con No Apologies, una vera esplosione elettrica, chitarre ruggenti, gran ritmo, voce aggressiva. Siamo al limite del southern boogie. La bella Joy & Pain è più country, ma sempre molto elettrica: ritmo a stantuffo, voce perfetta e ritornello di presa immediata. Che dire di Highway 101, potentissima rock song tutta chitarre e feeling: al giorno d'oggi uno come Jackson ha pochi eguali in ambito country (country?).
Mette in fila i vari Pat Green, Bruce e Charlie Robison, Kenny Chesney, Dale Watson, Shooter Jennings (del quale però non ho ancora ascoltato il nuovo live), e chi più ne ha più ne metta, e li stende tutti ad uno ad uno. Ascoltate ancora la splendida Tonight (Is All About Me): dove lo trovate uno che propone country songs di questa qualità, suonate con questo feeling? Talvolta nemmeno Dwight Yoakam (il migliore, per me) riesce a mantenere così alta la tensione per tutto un disco. Forse mi sto facendo prendere la mano, ma allora sentite ancora Are The Good Times Really Over For Good (cover di un brano di Merle Haggard), prima ballad lenta del disco, e confrontatela con tutta la porcheria made in Nashville.
La durissima Whiskey Sessions vi farà muovere testa, mani, piedi e tutto il resto che è possibile muovere; Bottom Of The Bottle è un honkytonk elettrico, tutto birra e sudore; Saved è una gran bella ballata che dimostra che Jackson non è solo un rude rockettaro, ma un cantautore con l'anima rock. Inutile citare tutti i brani (o alcuni piuttosto di altri), non c'è una sola nota da buttare, né un solo momento in cui la tensione cali minimamente: prendete, come ultimo esempio, l'irresistibile Modern Day Joad, in cui sembra che Shaver e Waylon abbiano unito le forze dopo essersi fatti una pera di decibel. E adesso scusate, ma vado a farmi un bicchiere di whiskey…