STEEPWATER BAND (Revelation Sunday)
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  Recensione del  15/11/2006
    

Cultizzata dalla stampa internazionale, la Steepwater Band rappresenta quello che in gergo è conosciuta come Heavy Americana ovvero una robusta mistura di musica delle radici, in primis Delta blues e boogie, di rock pesante e downhome psichedelia. The Steepwater Band interpreta bene il ruolo del power trio di hardblues, sono in tre e vengono da Chicago e della windy city si portano appresso la propensione verso un blues elettrico crudo e urbano tagliato sulla musica di Muddy Waters, John Lee Hooker ed Elmore James. Nei loro torridi live show, sparsi un po' ovunque, negli States e in Europa, coprono versioni di Can't Be Satisfied, Dust My Broom, Mean Old World, Dimples e i loro primi lavori, in particolare l'autoprodotto Live...Half In The Bag del 1998 so no all'insegna di un blues suonato col diavolo in corpo e il whiskey in gola.
Con i seguenti Brother On The Snake (2001) e Dharmakaya (2004) il loro linguaggio si è fatto più articolato introducendo dosi di rock psichedelico e una spruzzata di pop tanto che non è azzardato un accostamento con lo stile dei gruppi del british blues quando le dodici battute si sposavano brillantemente con qualche refrain di sicura presa. Revelation Sunday è il loro miglior album ed è una giusta via di mezzo tra la raffinata "pesantezza" dei Gov't Mule e il genuino blues/rock bianco dei Free, di Rory Gallagher e degli Humble Pie.
Hanno qualcosa che ricorda i nostrani W.i.n.d ma hanno verve melodica e senso della canzone, usano le chitarre come lanciafiamme e non sbrodolano nell'heavy metal anche se Government Graffiti ci va vicino. Sembrano usciti direttamente dagli anni settanta, portano capelli lunghi spettinati, sono granitici nei suoni, potenti nel ritmo, viscerali nel proporre un rock/blues roccioso e tosto, che ha qualche svisata psichedelica nella lunga e torrenziale Baby, You're On Your Own ma che sostanzialmente non si distacca dai codici del genere ovvero chitarre che urlano, voce selvaggia e ritmica a palla.
Contrastano con la produzione odierna delle giovani band e questo depone a loro favore perché di trucchi ed elettronica in Revelation Sunday non ce n'è ombra, solo rock e blues suonato con grinta e animalità alla faccia delle mode e delle classifiche pop. Il chitarrista e cantante Jeff Massey (ottimo con la slide), il bassista Tod Bowers e il batterista Joseph Winters non vanno per il sottile e ci mettono tutta la grinta e l'entusiasmo di cui sono capaci.
Dalle singhiozzanti e boogie Mercye Steel Sky ovvero un resuscitato e drogato John Lee Hooker alla melodica e intrigante A Lot Of Love Around, un pezzo che non sfigurerebbe in una heavy rotation radiofonica dei sixties, dai sapori indiani di Dance Me A Number alla durezza ossessiva di Collision in cui Massey con la slide fa l'indiavolato, la Steepwater Band crea un clima di elettricità creativa e contagiosa energia che li pone tra i rock/blues acts più freschi del momento.
Non di solo muscoli sono fatti i tre Steepwater perché Halo è una morbida ballatina country-rock e Slow Train Drag è un perfetto Delta blues con tanto di slide che non tradisce l'amore per Robert Johnson. I tre Steepwater lavorano duro, con 125 show all'anno si sono costruiti già un piccolo culto, forse manca loro un po' di personalità e malizia ma l'unico limite che si può imputare al disco è la baldanza un po' rozza ed eccessivamente ruvida di certe esecuzioni.
Le canzoni sono però scritte con intelligenza, non assomigliano l'una all'altra, si fanno riconoscere nella sulfurea atmosfera dei loro assoli torcibudella e di un ritmo picchiato duro e hanno quel quid pop che avevano i brani dei gruppi british blues. Revelation Sunday non è la fine del mondo ma è comunque una rivelazione.