Inatteso album live per
Shooter Jennings, figlio del grande Waylon e country-rocker emergente nell'infinita scena musicale americana: inatteso perché arriva, non annunciato, dopo soli due album di studio, l'ottimo esordio
Put The 0 Back In Country ed il meno riuscito
Electric Rodeo. Il secondo disco di Shooter era infatti risultato inferiore al brillante debutto, suonato sì con grinta, ma con meno inventiva e creatività, e con canzoni in media di livello più basso rispetto al primo disco. Ero quindi molto curioso di ascoltare questo
Live At Irving Plaza, registrato quest'anno a New York per il programma radiofonico "Sirius Satellite Radio Outlaw Country", nel corso di una serata patrocinata da Little Steven (che compare anche sul disco in qualità di presentatore e produttore esecutivo) e di fronte ad un pubblico non numeroso ma caldissimo.
Ebbene, ho dovuto ricacciare indietro i dubbi che mi erano sorti all'ascolto di Electric Rodeo: Shooter dal vivo è una vera bomba, aiutato da una band di prim'ordine (i.357's: Leroy Powell, chitarra solista formidabile, una forza della natura, Ted Russell Kamp al basso e Bryan Keeling alla batteria), taglia qualsiasi cordone ombelicale ancora rimasto con il celebre padre e propone del vero e proprio rock, una miscela esplosiva di southern e Led Zeppelin, cantando con voce matura e portando in visibilio il pubblico per tutti i cinquanta minuti dello show.
Pura dinamite, anche le canzoni del secondo album (quattro in tutto, le altre sei sono tratte dal primo) sembrano trasformarsi on stage: qualcuno per comodità continuerà ancora a classificare Jennings Jr. come un artista country, ma qui c'è del vero rock, come oggi non fa quasi più nessuno. Apre proprio
Electric Rodeo: intro potentissimo in puro Zeppelinstyle, con le chitarre che urlano (Powell inizia il suo personale show nello show) e Shooter che canta con grinta notevole. Canzone con almeno tre marce in più che sul disco in studio.
Gone To Carolina, seppur sempre molto elettrica, ha caratteristiche più southern e meno hard, e ricorda molto da vicino le ballatone anni settanta dei Lynyrd Skynyrd. Splendida anche qui la solista di Powell. La poderosa
Busted In Baylor County, dal ritmo a stantuffo, è un'altra esplosione di elettricità: confrontatela con la versione in studio e quasi non la riconoscerete. Siamo solo al terzo brano e sto già sudando anch'io.
La bella
Lonesome Blues è un'oasi piacevole dopo una simile cascata di decibel: Shooter suona l'acustica, Powell si siede alla steel ed il brano, di chiara impronta country, scorre via che è un piacere. In brani come questo l'influenza di papa Waylon è più presente. È la volta dei due brani intitolati
Manifesto (erano uno su ciascuno dei due dischi precedenti): il
N. 2 è una sorta di honkytonk elettrico, dal ritmo veloce e dalla forte impronta chitarristica (l'assolo è, come sempre, da applausi), mentre il
N. 1, con Shooter al piano, è un irresistibile country rock texano, più in fluenzato da Billy Joe Shaver che dal padre.
Steady At The Wheel, viene presentata da Shooter come un tentativo di fondere la musica del padre con quella dei Led Zeppelin, ma devo dire che Waylon si sente ben poco: il brano è rock duro con le contropalle, in cui ad una sezione ritmica schiacciasassi risponde una chitarra splendidamente "alla Page", ed una voce perfettamente in parte. Grande rock.
La lenta
Southern Comfort è ancora southern rock con un feeling formato famiglia, mentre
It Ain't Easy è il brano più melodico di tutto il disco, un'emozionante ballata cantata con il cuore in mano e suonata comunque con insolito spirito rock. E veniamo al gran finale:
Daddy's Farm è il centerpiece del disco, una pura colata di lava della durata di dieci minuti, in cui ognuno tira fuori il meglio dal proprio strumento: una bomba atomica che lascia senza fiato. Pubblico impazzito, e anch'io faccio fatica a mantenere la calma. Al primo che parla ancora di country bisognerebbe fargli ascoltare
Daddy's Farm per almeno cinque volte di fila. Un grande disco live, la quintessenza del rock: due chitarre, basso, batteria, una manciata di buone canzoni, tanto feeling e sudore. Non serve altro: l'eredità del grande Waylon è in ottime mani.