Mary Gauthier nasce in Louisiana: "
Sentirsi gay a dodici anni in una famiglia fortemente conservatrice della Louisiana è stata certamente una molla importante che mi ha spinta a fuggire di casa, dovevo per forza uscire da questa situazione". Scappa di casa a 15 anni, fregando la macchina al suo papà. É un continuo vagabondare, alla ricerca della sua identità di vita, sessuale e per appagare la sua sete di libertà, contro ogni ipocrisia.
Vive di espedienti e a 18 anni intraprende un tour nelle celle di Kansas City, in qualità di galeotta. Pianta le tende a Boston e apre un ristorante a Back Bay, il "Dixie Kitchen" che sarà il titolo del suo primo album un’autoproduzione datata '97. La colta Boston ce la restituisce come cantautrice, temprata da lunghi anni di gavetta, che mette a frutto il ricco patrimonio musicale del sud: folk, blues, country e cajun, con testi attualissimi, intriganti e di assoluto valore letterario (ascoltare l'iniziale
Ways of the world o
I don't know nothin about love).
Canzoni-racconti cui nessun argomento è precluso: gli emarginati, i perdenti, gli anonimi che costituiscono l’altra faccia dell’America (come in tutto il resto del mondo) diventano protagonisti (la ballata
The other side of free con un mandolino davvero suggestivo a dipingerne l'atmosfera o
Goddam hiv, davvero struggente). Viene giustamente accostata a
Lucinda Williams, ma la Gauthier è una sorta di John Prine al femminile, per lo spirito attento e l’humour corrosivo di molte sue canzoni, per il comune alternative-country-folk feeling (la pimpante
You're all i wanna do o la bella
Skeleton town). "
Ho cominciato a scrivere canzoni molto tardi, dopo i trent'anni.
Prima facevo la ristoratrice, l'ho fatto per più di dieci anni, ma mi sono accorta che non era quello che avrei fatto per tutta la vita, non mi appagava. Ho sempre suonato la chitarra, ma il passaggio a cantautrice è stato del tutto casuale, una scelta che a volte anch'io faccio fatica a capire".