BOBBY BARE JR. (The Longest Meow)
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  Recensione del  25/10/2006
    

Bobby Bare Junior si sa ha preso una strada diversa da quella del padre anni fa: da una parte le country songs paterne 500 miles Away from Home e Houston, dall'altra basta nominare un suo cd Young Criminal's Starvation League realizzato nel 2002. Quel cd tra acustico ed elettrico prendeva il country classico anni '70 combinandolo con un misto post-punk melanconico e vibrante. Una eredità che affiora in modo netto se si riascoltano i suoi cd d'esordio contraddistinti da un indie rock sound davvero trascinante e dal risultato molto interessante, Boo-Tay e Brainwasher, due cd che non hanno riscosso quel successo che Bare avrebbe meritato. Così nel 2003 ha inciso un album da solo chiamato Ok-I'm Sorry... seguito l'anno successivo da From the End of Your Leash sempre pervaso da un country classico con sfumature roots ed interpretato dalla sua sua voce graffiante che ben risaltava dal set elettro-acustico del disco.
Ed eccoci all'ultima proposta registrato insieme agli Young Criminals Starvation League per 11 canzoni con 11 persone e in 11 ore tra le 12.32 di notte alle 10.47 del 26 marzo del 2006: The Longest Meow. Il risultato è in puro stile Bare che abbandona le radici country per un rock misto a un pop stralunato ma che non dispiace affatto basta ascoltare Bionic Beginning e sembra di essere ritornato al sound dei primi cd, ma qui il sax vigoroso di Deanna Varagona si amalgama perfettamente al ruvido suono della batteria e alla cavernosa voce di Bare che urla nel microfono e picchia duro.
Poi si ascolta l'intro The Heart Bionic e si apprezza la capacità di Bare di alternare il suono rock a set acustici malinconici e struggenti, una sua caratteristica che mi ha sempre colpito. Una tromba apre Back to Blue e siamo in territorio pop-roots che solo lui riesce a non far stonare con il resto del cd grazie al suo modo di cantare e ad una pregevole armonica e steel guitar davvero da brividi nella parte centrale. Lo stesso dicasi per Sticky Chemical con sax e organo e dalla melodia un po retrò con la tromba ad incidere un ritmo affascinante e del tutto straniante se si pensa al brano d'apertura.
Ma questo è Bobby Bare. La successiva Uh Wuh Oh picchia duro e siamo da tutt'altra parte, voce cupa e si urla tra le chitarre che stridono che un piacere… Sembra strano ma c'è una reale coerenza nell'alternarsi delle sue canzoni, come Demon Valley così malinconica e struggente o la dura Borrow Your Cape. Non siamo più, purtroppo, al roots-rock dei primi cd ma la sua evoluzione non dispiace e si ascolta sempre volentieri (l'ultima Stop Crying a tutto volume mi raccomando…)