Adesso che
Wille Nile è ritornato alla scena discografica con l'ispirato
Streets Of New York questa raccolta assume ancor più significato. Primo perché ripropone integralmente il mitico
Willie Nile e il seguente straordinario
Golden Down, usciti originariamente in vinile, poi ristampati in cd ma usciti ben presto fuori di catalogo, secondo perché con due cd e trentadue canzoni vi portate a casa il meglio di questo rocker newyorchese, artista che ha saputo legare la musica agli umori, ai sentimenti e ai riferimenti letterari di una città e delle sue strade, terzo perché una volta infilati nel lettore questi due cd vi rallegreranno per un bel po'.
Il tempo difatti non ha scalfito la bellezza dei dischi originari. Presentato al tempo come uno dei tanti Alias Dylan (ma in effetti di Dylan ha ben poco se non il fatto di aver bazzicato gli stessi club e cafè del Greenwich Village), Wille Nile si è creato uno stile mettendo energia ed entusiasmi da punk al servizio di una scrittura romantica e di una verve melodica che gli ha permesso di essere un crocevia tra i Clash e Springsteen.
Fendenti elettrici stringati e rabbiosi presi dal punk meno virulento e dai gruppi sixties tipo Who e un amore mai nascosto verso i ritmi degli early rockers dei fifties, in primis Eddie Cochran vanno a braccetto con ballate intense che occhieggiano al periodo Darkness-The River, il tutto sullo sfondo di una New York innamorata degli squattrinati e dei losers oltre che di Rimbaud e Walt Whitman. Willie Nile si evidenzia tra i tanti che cercano fortuna nella Grande Mela di fine anni settanta con un album di rock urbano dalle forti emozioni.
Wille Nile è un esordio coi fiocchi con brani destinati alla memoria come
Vagabond Moon, Dear lord, Old Men Sleeping In The Bowery, Sing Me A Song, con ballate crepuscolari che sanno di Springsteen fino al midollo (
Across The River) e con quel New York state of mind (
They'll Build A State of You) che sembra rimandare perfino a Billy Joel.
Ci sono poi brani spediti come
It's All Over, She's So Cold, I'm Not Waiting, That's The Reason a conferma dell'agilità rock n'roll di un musicista che nei tre minuti di una canzone pop sa unire brillantezza compositiva e quella quintessenza rock che ruota attorno al triangolo basso/chitarra/batteria. Con lui suonano alcuni ceffi del sottobosco newyorchese del rock ovvero il batterista Jay Dee Daughtery, il bassista Tom Ethridge, i chitarristi Clay Barnes e Peter Hoffman. Gli stessi, con Fred Smith al posto di Ethridge, che animano
Golden Down, altro grande disco del 1981 e altre emozioni elettriche.
Prodotto da quello che al tempo era uno dei team più illustri del rock urbano ovvero Thom Panunzio e Jimmy lovine, Golden Down inizia dove finiva l'altro album con una
PoorBoy che sa del Tom Petty di Hard Promises e una
Shine Your tight che accenna a quel pop psichedelico che anni più tardi Steve Wynn svilupperà in Sweetness and Light.
Tastiere sixties (Paul Schaeffer) e uno sprazzo di luce californiana prima di immergersi con Grenade nell'atmosfera in bianco e nero del Kenny's Castaway, mitico club del Village frequentato da Nile ovvero chitarre graffiate e batteria a palla. Puro New York sound anche con
Golden Down e Hide You Love e poi Parigi con Les Champs Elysees, nella terra promessa di ogni cantautore newyorchese che si rispetti. Le ballate hanno i titoli di
I Can't Get You Off My Mind e Shoulders, delizia di chi sogna l'oscurità ai margini della città mentre l'acustica
I Like The Way da sola vale uno dei tanti unplugged che inflazioneranno di lì a poco il mondo del rock.
Willie Nile fu molto generoso con New York ma la città non lo fu altrettanto con lui. Come successo per l'amico Bruce, per diversi anni una causa legale col proprio manager impedì a Nile di promuovere e pubblicare la propria musica. Disilluso, l'artista si rintanò nella nativa Buffalo e tornò a New York solo negli anni '90 dopo aver stipulato un nuovo contratto con la Columbia.
Places I Have Never Been (1991) è il terzo disco di questa raccolta ed il meno affascinante.
Più "costruito" a livello di produzione e suoni, il terzo disco mostra ancora una volta l'abilità e la vitalità di Nile nell'inventare canzoni accattivanti con tanto di melodia vincente e armonie ma quello che non funziona del tutto è il sound, troppo ricco, squillante e anni '80. Un album che regge nelle canzoni (
Rite Of Spring è una delle migliori scritte da Nile) ma non nel suono dove si sente perfino l'eco degli U2.
A parte la parentesi dell'ep Hard Times In America dovranno passare altri otto anni prima che un nuovo disco (
Beautiful Wreck of The World) di Nile si affacci sulla scena a dimostrazione di un rapporto sempre difficile con l'industria discografica e col mercato.
In tutto questo tempo Nile non si è arreso e da inossidabile rocker qual è ha continuato a scrivere e a suonare la sua musica arrivando al concepimento di
Streets Of New York, un'esultante celebrazione della città e dei variopinti personaggi che ci vivono. Un disco che riflette anni di vita e di musica, una storia che
The Arista Columbia Recordings 1980-1991 racconta dagli inizi riportandoci alle atmosfere fumose dei cafè del Greenwich Village quando bastava una canzone per sognare un mondo diverso e suonare rock n'roll con una Fender era la garanzia di essere al posto giusto nel momento giusto.