JIM LAUDERDALE (Bluegrass)
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  Recensione del  15/10/2006
    

Jim Lauderdale è quell'eclettico singer songwriter del North Carolina, sulla breccia ormai da una quindicina d'anni, che apprezziamo e riconosciamo come un talentuoso personaggio che ha spaziato attraverso diversi generi musicali, ricevendo spesso grande consenso di critica ma non sempre un conseguente ritorno di pubblico. A questo punto della sua particolare carriera artistica si pone la domanda d'obbligo: dove farebbe bene a collocarsi più a lungo? In campo bluegrass, ove è già sceso in campo due volte con il 'guru' Ralph Stanley, nel '99 con I Feel Like Singing Today e nel 2002 con il vincitore di un Grammy Lost In The Lonesome Pines, e dove si propone oggi con questo suo nuovo sforzo dal titolo emblematico, Bluegrass, appunto?
Potrebbe essere, perché la proposta è di qualità e spessore, non mostra punti deboli né sbavature; ma, attenzione, anche Country Super Hits, il cd che viene pubblicato in contemporanea, scelta a conferma dell'originalità di Jim, che si colloca invece in area country, ha lo stesso impatto. Perciò la risposta non è semplice, dovrebbe essere dubitativa. Per Lauderdale le strade più convenienti potrebbero essere allora più d'una. Quel che è certo è che in area bluegrass Jim Lauderdale sta benissimo, lavora a suo agio, con sicurezza e disinvoltura, si esprime su livelli vicini all'eccellenza.
E infatti Bluegrass è un ottimo disco, sulla scia delle proposte vincenti dei grandi del genere come Bill Monroe, Ricky Skaggs, se vogliamo pensare ad un artista di generazione più vicina, Steve Earle, se ci riferiamo al suo ottimo disco The Mountain, realizzato con la Del McCoury Band. Infatti presenta pezzi per lo più significativi, tutti originali (ma Jim è aiutato nella composizione anche da gente come Buddy Miller, John Leventhal e Joe Henry), mostra un solista in grande spolvero dal punto di vista vocale, il livello qualitativo della sua voce forse non è mai stato tale e raccoglie in studio un gruppo di sidemen di prima classe, Bryan Sutton alla chitarra, Jesse Cobb al mandolino, Randy Kohrs al dobro e David Talbot al banjo, con cui il livello di affiatamento è massimo.
Mighty Lonesome, testo dalla struttura semplice ma orecchiabile, è esaltato dalla performance vocale di Jim, Time's A Looking Glass, motivo delizioso, gradevole, piace per i suoi breaks di dobro e mandolino prima, di banjo e violino poi, I'm Still Living For You si distingue quale sorta di mountain track dal superbo ritornello, I Shoudn't Want You So Bad ha il sapore di una 'lonesome song', con begli spunti di chitarra acustica e mandolino da una parte e di banjo e fiddle dall'altra, Love In The Ruins è un bluegrass dal sapore però honky tonk con dobro e violino sugli scudi, There Goes Bessie Brown è una ballata d'atmosfera con il coro che da una scossa al ritmo e con un bel guizzo finale strumentale, It Wasn't That I Had To è un tipico bluegrass, scorrevole e fluido, dove la voce di Jim rilascia un'interpretazione superba, straripante, Don't Blame The Wrong Guy si presenta come un motivo d'impronta newgrass, arioso e suggestivo, dai brillantissimi spunti strumentali filo-jazzy.
Forever Ends Today è un'eccellente country song d'amore che diventa, grazie alla efficace prestazione di Jim una delle più belle canzoni ascoltate negli ultimi tempi tra quelle da ballare stretti stretti: sentire per convincersi. It's so Different, che descrive una dolorosa vicenda di cuore ed è supportata da un coro in falsetto stile fifties, rivela simili sintomi. Where The Turn Around è una train song che libera spazi alle sonorità bluegrass degli strumenti. In conclusione piacerebbe pensare all'effetto che avrebbe fatto il disco se fosse stato elettrificato.