BOB SEGER (Face the Promise)
Discografia border=parole del Pelle

     

  Recensione del  15/10/2006
    

Il leone di Detroit, il re dell'heartland rock, l'emblema del mainstream è tornato a undici anni dal suo ultimo, mediocre album (It's A Mystery) e quindici dal penultimo The Fire Inside. Ritiratosi dalle scene per accudire i due figli avuti alla soglia dei cinquanta anni, Bob Seger è oggi un signore coi capelli bianchi e il fisico asciutto che veste sobriamente in jeans e giubbotto di pelle e guida la sua Harley Davidson nelle pianure e nelle campagne del Michigan.
Uno splendido 61enne, invecchiato bene lontano dal clamore del business ma ancora innamorato di quella musica rock che tra la fine degli anni settanta e l'inizio degli anni ottanta lo proiettò come il capostipite della tenace razza di working class heroes del rock americano di cui avrebbero fatto parte Tom Petty, John Mellencamp, Steve Earle, Bruce Springsteen e tutti i loro cloni e imitatori. Il ritorno di Bob Seger era annunciato ma pochi si sarebbero aspettato un disco così sincero, genuino e romantico, basato su un potente e tuonante rock da strada maestra e su quelle ballate che hanno fatto la fortuna dell'artista e nel lungo periodo della sua assenza hanno permesso a Like a Rock di essere il più duraturo spot della Chevrolet e al Greatest Hits di stazionare per anni nella classifica di Billboard.
Negli Usa Bob Seger rimane ancora oggi uno dei rocker più amati e stimati, un fenomeno in grado di attraversare tutte le classi sociali e tutti gli stati, un simbolo di quello che il rock significa a livello popolare ovvero una musica che medica dalle tristezze e dalle durezze della vita ma concede spunti di riflessione, una musica di conforto e di denuncia contro le ingiustizie sociali, una musica che fa sognare ma tiene ancorata la gente alla realtà, una musica che eccita e parla di sesso e tentazioni ma anche di amicizia, tolleranza, speranza. Face The Promise è quello che una volta si definiva un perfetto disco di mainstream rock con tante chitarre, un piano da faville e una sezione ritmica martello.
Un disco che non da tregua nei pezzi più rockati, quelli derivanti da quel boogie urbano sporco di benzina e di strade che ha in Detroit la sua capitale e poi vi scalda il cuore e ruba tenerezze con ballate ad ampio respiro che sembrano scritte davanti ad un orizzonte americano con in mente i giorni migliori di un amore ormai finito. Le canzoni sono ben scritte, le liriche non sono mai banali pur rispettando la schiettezza e la semplicità blue collar del personaggio, partono dalle osservazioni della vita e sono l'esempio di quel realismo rock americano che Springsteen ci ha fatto apprezzare.
Gli arrangiamenti sono concisi e finalizzati al classico rock da strada che a volte tuona come una Mustang e a volte trotta tranquillo come una bicilindrica Harley. Per la prima volta Seger ha curato lui stesso la produzione e ha usato musicisti di session perché, tra il 1997 e il 1998, quando lavorò con la Silver Bullet Band per realizzare un nuovo album fu completamente insoddisfatto del suono raggiunto e rinunciò a pubblicare il lavoro. Unico lascito di quell'album mancato è la title song Face The Promise ri-registrata per l'occasione con i nuovi turnisti.
Face The Promise è un ritorno all'ispirazione che determinò Against The Wind e The Distance, dischi che segnarono il passaggio dagli anni settanta agli anni ottanta e imposero il nome di Bob Seger a livello nazionale dopo i capolavori Night Moves e Stranger In Town e un Live Bullett ricordato tra i dischi dal vivo più devastanti della storia del rock. Face The Promise è un disco potente e compatto che ha punti di forza in Wreck This Heart, un rock che arriva come un fulmine e assale l'ascoltatore con un carico di elettricità da lasciare attoniti, in Wait For Me, una ballata nel classico stile Seger che ricorda la ventosità di Against The Wind e fa sfoggio del piano di Bill Payne (Little Feat), in Face The Promise, urgente bisogno di terra promessa contrassegnato da un giro di chitarre taglienti e da un coro femminile che urla febbrile in nome di uno sconsacrato gospel-soul. Altro pezzo da novanta è il rifacimento di Real Mean Bottle di Vince Gill cantata con Kid Rock, un country frullato con del rock n' roll per far ballare la gente del roadhouse il sabato sera.
Chitarre e piano assassini la dicono lunga su qual è l'approccio di Seger alla country music, niente sviolinate e piagnistei patriottici ma ritmo a palla e una sfilza di bottiglie vuote. Real Mean Bottle non è un pezzo country nel senso stretto del termine ma, come afferma Seger in una recente intervista al New York Times, "una canzone segnata da una sensibilità adulta, più in sintonia con la maturità dei testi della country music che con l'impellenza di molto rock adolescenziale perché il country canta quello che succede dal lunedì al venerdì e il rock n'roll quello che succede nel weekend".
Il brano di Vince Gill non è l'unica testimonianza del rapporto tra il disco e Nashville perché, oltre agli studi in cui è stato registrato l'album, c'è anche un duetto con Patti Loveless nella lenta e un po' caduca The Answer's In The Question. Ma non sono i duetti il fiore all'occhiello di Face The Promise perché nella cascata di elettricità che i musicisti degli Ocean Studios di Nashville (una scelta precisa quella di rivolgersi alla più confortevole e umana città del Tennessee piuttosto che a Los Angeles solitamente usata dall'artista per i suoi dischi) riversano nelle dodici tracce dell'album non si fa fatica ad accorgersi che dietro ai muscoli c'è un cuore che funziona, eccome e che le liriche delle canzoni usano magari meno metafore di un tempo ma sono più dettagliate e attente al mondo di oggi.
In pezzi come Simplicity, un duro R&B con una ampia sezione fiati e in No More, un uptempo arrangiato con archi trascinato da una splendida chitarra acustica, Seger esprime la sua preoccupazione a proposito dell'ambiente, del consumismo e della globalizzazione e in Are You, altro micidiale rock urbano tutto sincope e indiavolato coro femminile, i dubbi riguardano l'alienato stile di vita che ci porta a usare la rete come un grande fratello tanto che sembra più naturale fare la spesa via internet perché manca perfino il tempo per andare in un negozio di scarpe.
Un Seger che attraverso l'educazione dei figli scopre il valore delle cose e il significato dei desideri. Niente prediche sociali però, Bob Seger rimane semplicemente un rocker di razza, lo dimostrano anche pezzi meno sfavillanti come Won't Stop, lenta, meditativa e un po' cupa e No Matter Who You Are, altra ballatona dalle implicazioni romantiche e dalla coreografia soul che si appoggia su una insistente chitarra acustica (J.T Corenflos) e sul "delirante" coro femminile. Un'aggiunta di gospel-soul all'impianto classicamente rock del disco che fa da contrappunto alla voce perfettamente indenne, chiara, maestosa e trascinante di Seger.
A chiudere l'album è The Long Goodbye, titolo cinematografico per una nenia che si trascina con un po' troppa nostalgia verso il finale. Nell'edizione Deluxe di Face The Promise troverete un dvd con un sintetico Making of del disco, i due video dell'epoca di Like A Rock e The Fire Inside (notevole presenza femminile e suggestivo bianco/nero) e, cosa interessante, un estratto di un concerto di San Diego del 1978 con la Silver Bullet Band in cui Seger esegue Still The Same e Hollywood Nights. Si poteva sicuramente concedere di più ma il fatto che il vecchio leone di Detroit sia tornato è già di per sé un grande risultato. Adesso si vocifera di un imminente tour.
Risparmiate gente, risparmiate.