DAVID GRAY (Live in Slow Motion) DVD
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  Recensione del  28/09/2006
    

Alla luce soffusa e colorata di Live In Slow Motion, David Gray dal vivo è molto più convincente che su disco. Non ha i toni apocalittici dei suoi primi album, in particolare di A Century Ends, da cui recupera una bella versione di Shine ed è ormai diventato un troubadour molto più romantico ed evoluto, però è un ottimo performer che si divide equamente tra chitarra e piano (dove sembra trovarsi meglio). Lui è un po' goffo nei movimenti e nel gestire il feeling con il pubblico dell'Hammersmith di Londra, comunque molto ben disposto nei suoi confronti, ma la musica ha molte qualità e qualche spunto davvero convincente.
Gran parte del materiale, come la boutade del titolo lascia intuire, proviene da Life In Slow Motion, le riprese sono molto belle, la qualità del suono e delle immagini eccellenti e il gruppo che segue David Gray (due chitarristi che si occupano anche delle tastiere, basso, batteria e una violoncellista molto discreta nei suoi interventi), pur senza strafare lo asseconda con professionalità ed eleganza. Molto bella la versione, all'inizio, di Alibi che è resa più intensamente che su Life In Slow Motion e così The One I Love, l'unica canzone suonata alla chitarra elettrica (baritona). Molto valide anche le proposte di Lately, Now And Always e This Year's Love, quest'ultima accolta da un coro di luci di tutto l'Hammersmith.
Ovazione, piuttosto prevedibile, per Please Forgive Me e Babylon, i due singoli che hanno preso per i capelli la carriera di David Gray e l'hanno salvato dall'oblìo: buone le versioni, con molta meno elettronica del previsto. Due le cover (notevoli): Baltimore di Randy Newman, in una rendition piuttosto coraggiosa, ma credibile, e Friday I'm In Love dei Cure che, come già riportato nelle cronache dei concerti, conclude festosamente lo show con un David Gray saltellante da un lato all'altro del palco. Negli extras ci sono un breve spezzone sulla gestazione di Life In Slow Motion e i tre videoclip tratti dal disco (The One I Love, Hospital Food e Alibi).
Il "making of", tutto relegato in uno studio di registrazione londinese, vede David Gray mostrare la sua prima chitarra, provare le canzoni al piano, rispondere a qualche domanda sulle idee e sull'ispirazione delle canzoni. Per quanto sia pur sempre interessante carpire i segreti di un songwriter e vederlo mentre costruisce il suo lavoro, l'insieme sembra un po' artefatto e preparato per l'occasione. Due parole anche sui videoclip: se The One I Love è piuttosto "normale", Hospital Food e Alibi sembrano attingere ai lati più inquietanti (che non gli mancano di certo) della personalità di David Gray. Hospital Food è ambientato in un reparto psichiatrico con immagini molto crude che riportano direttamente a Qualcuno Volò Sul Nido Del Cuculo di Milos Forman.
Alibi invece sembra rifarsi a senso unico a Star 80 di Bob Fosse (nella realtà ispirato alla tragica vicenda della moglie di Peter Bogdanovich): classica storia dell'ascesa e della caduta di una ragazza che prima diventa una stella della pornografia e poi piomba in un inferno di autodistruzione. Nota a pie di pagina: ci sono i sottotitoli in tutte le principali lingue del mondo, italiano escluso.