HACIENDA BROTHERS (What's Wrong with Right)
Discografia border=Pelle

     

  Recensione del  27/09/2006
    

Secondo capitolo dell'avventura del duo formato da Chris Gaffney, bravo musicista californiano (ma col cuore in Texas) già membro dei Guilty Man di Dave Alvin ed apprezzato solista, e dall'ex Paladin Dave Gonzalez (ai quali si sono aggiunti Hank Maninger, David Berzansky e Dale Daniel), che esordirono un paio d'anni fa con il nome di Hacienda Brothers, un primo album omonimo, ed un produttore del blasone di Dan Penn.
Ebbene, la miscela, potenzialmente esplosiva, funzionò solo a metà: sia Gaffney che Gonzalez si impegnarono al meglio (anche se Gaffney è un paio di spanne più su), Dan Penn mise a disposizione la ben nota professionalità ed esperienza, ma il cocktail tra il roots rock (with a Mexican touch) di Gaffney ed il blue-eyed soul di Penn funzionò solo a metà, senza forse un motivo ben specifico. Ora con What's Wrong With Right il team ci riprova (Penn è infatti ancora alla consolle), ma questa volta i risultati sono nettamente migliori, ed il disco è un valido (ed originalissimo) esempio di country rock venato di soul e rhythm'n'blues, o, come Chris e Dave stessi amano definirlo, di "western soul".
Sound limpido, produzione impeccabile (ma non avevamo dubbi), ma stavolta anche una bella scelta di canzoni, tra originali e covers d'autore, e i due leader che viaggiano in perfetta simbiosi con l'autore di grandi classici come Dark End Of The Street o I'm Your Puppet. E la sensazione è che possano ancora migliorare. Tredici brani, nove cantati da Gaffney (che ha una gran bella voce ed anche un maggiore talento), tre da Gonzalez (che però è l'autore principale) ed uno strumentale. Si parte con Midnight Dream, puro Penn cantato da Gaffney: una tersa soul ballad, appena spruzzata di country, con strumentazione perfetta (sentite il piano) e coretti da manuale.
La title track è l'unico originale di cui Penn è anche coautore (con Gonzalez), anche se si torna su territori cari a Gaffney: un lentaccio di stampo country, con aria di border che fuoriesce da ogni nota e la solita voce espressiva di Chris. Keep It Together è ancora più intrisa di soul del primo brano, grazie anche alla voce solista di Gonzalez, meno "texana" di quella di Gaffney. Cry Like A Baby e It Tears Me Up sono proprio i due ultra-classici di Dan Penn e Spooner Oldham, e Gaffney li nobilita facendoli suoi con due interpretazioni pulsanti e vitali (soprattutto la seconda).
The Last Time è puro honky tonk Texas way, molto godibile, in cui la mano di Penn si sente un po' meno; la splendida If Daddy Don't Sing Danny Boy è, a parte i due classici di Penn, il brano migliore del disco: una tipica ballata alla Gaffney, discorsiva, sentita, sfiorata dal Messico, con chitarroni twang, fisa e steel sugli scudi. Ricorda un po' la mitica The Eyes Of Roberto Duran. Rebound è un vecchio brano di Charlie Rich, ma qui l'arrangiamento ci porta in piena fiesta tex-mex, piena di suoni e colori, mentre con Cowboys To Girls e Different Today, due errebi molto gradevoli, più annerito il primo, più blue-eyed il secondo, torniamo in territori cari a Penn.
Il disco volge al termine, e chiude in bellezza con la western ballad The Warning e con Son Of Saguaro (bel titolo), uno strumentale evocativo, lento e ricco d'atmosfera, dove una chitarra quasi surf irrompe nel bel mezzo di sonorità molto mexican. Un bel disco, un netto miglioramento rispetto all'esordio: ora gli Hacienda Brothers sono pronti per il grande salto, e non sarebbe male vederli alle prese anche con un altro produttore, per non rischiare di diventare "Penn-dipendenti". Io proporrei T-Bone Burnett.