DARRELL SCOTT (The Invisible Man)
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  Recensione del  09/08/2006
    

Darrell Scott è uno dei tanti girovaghi della scena roots Americana. Il suo vagabondaggio lo ha portato a lavorare praticamente ovunque: nativo del Kentucky e ormai non più troppo giovane, Darrell si è messo in cammino sin dall'età di sedici anni per fermarsi poi in Indiana, sul Lago Michigan e nel sud della California. Da qualche tempo la sua dimora è Nashville, dove ha fondato un'etichetta indipendente e ha potuto lavorare con Guy Clark e Sam Bush.
Nel settore è stimato per essere un musicista appassionato e attento alle diverse tonalità che colorano il mainstream: le liriche sono attuali ed impregnate dalle sue esperienze come songwriter; il suono è invece sintonizzato sull'acustico, con influenze derivate dalla main road del folk e del country, così come dalla mountain music degli Appalachi (evidenti nel recente brano Shattered Cross). Steve Earle ha di Darrell un'ottima considerazione, tant'è che viene fatto spesso partecipe delle sessions acustiche e bluegrass dei Dukes.
Nel corso della sua lunga carriera, Darrell è stato insignito di diverse onorificenze (una su tutte, quella di miglior songwriter di Nashville, nel 2001) e ha potuto assistere alla crescita della piccola etichetta Full Light, distribuita nientemeno che dalla Ryko. The Invisible Man, il suo sesto lavoro, si distingue ancora una volta per la scrittura piacevole ed una forma musicale che, pur rientrando nell'ampio insieme dei suoni tradizionali (country e quant'altro), ha un piglio accattivante. Darrell ha saputo accostare le proprie liriche a ritmi vibranti, ricavati dall'ottima orchestrazione di chitarre acustiche, elettriche e mandolino: punti a suo favore sono la complicità di una buona sezione ritmica (costituita da Danny Thompson al basso e Kenny Malone alla batteria) e la presenza di Sam Bush e Tim O'Brien a cori e mandolino.
L'apertura del disco spetta a Hank Williams' Ghost, traccia che segue il ritmo di Nashville, lo stesso adottato anche dall'ultimo Todd Snider. Hank Williams' Ghost è una delle carte migliori nel mazzo di Darrell, al pari di Do It Or Die Trying (bel rock, chiuso dal coro guidato da Suzi Ragslade) e della elettroacustica In My Final Hour (caratterizzata dagli assolo di Dan Dugmore). The Invisible Man si distingue anche per alcune ballate interessanti, come There's A Stone Around My Belly e And The River Is Me.
L'acustica Goodle, Usa ricorda invece la nuova corrente politicizzata di Steve Earle: il brano è stato recentemente inciso anche da Faith Hill, col titolo diverso We've Got Nothing But Love To Prove. Con The Invisibile Man, Darrell Scott dimostra decisamente di essere un valido musicista e songwriter.