ALEJANDRO ESCOVEDO (The Boxing Mirror)
Discografia border=Pelle

     

  Recensione del  26/07/2006
    

Un grande e graditissimo ritorno, quello di Alejandro Escovedo che con The Boxing Mirror confeziona uno dei suoi dischi migliori. Oltre al vecchio amico dei tempi dei True Believers, Jon Dee Graham, a seguirlo nell'impresa c'è il gruppo di musicisti con cui divide il palco ormai da anni: Mark Andes al basso, David Pulkingham alla chitarra, Hector Murioz alla batteria, Bruce Salmon alle tastiere con l'aggiunta di Matt Fish e Brian Standefer al cello, nonché Susan Voelz al violino, perché gli archi nella musica di Alejandro Escovedo non sono mai mancati e ci sono sempre stati a pennello.
Per una volta, cominciamo dalla fine, ovvero dalle due differenti versioni di Take Your Place. La prima, mixata da sua eminenza John Cale (che è anche il produttore di The Boxing Mirror) ricorda persino il pop degli anni Ottanta con gli archi, appunto, le tastiere in evidenza, il big drum che incalza e le chitarre compresse in un angolo. Si sente che è una bella canzone perché Alejandro Escovedo la interpreta con passione e calore, però nella seconda versione, curata da Larry Goetz, salta fuori tutta un'altra anima: via le tastiere (rimane soltanto un pianoforte pestato a sangue) e gli archi, le chitarre ritornano padrone e sputano fuoco dall'inizio alla fine, trasformando Take Your Place in uno dei più devastanti rock'n'roll sentiti quest'anno.
Questa varietà è la spina dorsale di The Boxing Mirror e un po' di tutta la musica di Alejandro Escovedo che, senza scadere nell'eccentricità fine a se stessa, nei suoi dischi ha sempre trovato posto per le influenze e i suoni più disparati. Un altro valido esempio, oltre alla duplice identità di Take Your Place, può essere Break This Time: è ancora un potentissimo rock'n'roll, tagliato di traverso dalla chitarra di Jon Dee Graham, ma ha un inciso che ricorda le esperienze rootsy di John Mellencamp e un sintetizzatore molto Suicide nel finale.
È la sua voce, poi, a tenere tutto quanto insieme: nonostante la lunga e faticosa malattia che ha attraversato, è rimasta intatta e capace di attraversare le atmosfere vellutate e malinconiche di I Died A Little Today, l'intensa elegia di The Boxing Mirror così come di affrontare l'incalzare aggressivo di Sacramento & Polk o l'aria anni Cinquanta di Evita's Lullaby o ancora il pop feeling di One True Love (che sembra persino una canzone dei Cars).
Se serve un punto di riferimento nel passato di Alejandro Escovedo bisogna tornare a With These Hands (a proposito, recuperatelo nella versione ristampata) anche se in The Boxing Mirror c'è una maggiore prospettiva, una varietà di suoni e di idee impressionante e canzoni di grandi qualità. A questo proposito mancano soltanto all'appello l'affascinante trittico iniziale e The Ladder. Introdotta dal rumore cupo delle tastiere Arizona si attorciglia attorno al groove del basso, con le chitarre che sembrano girargli attorno. La tensione è subito al massimo e la canzone è davvero straordinaria. Dearhead On The Wall sembra una pausa fatta apposta per stare tra Arizona e Notes On Air, gli archi l'addolciscono un po', il ritmo è sempre sostenuto, ma alle chitarre viene messa la sordina.
Poi esplode Notes On Air (qui le chitarre invece se ne vanno da sole per la tangente) e The Boxing Mirror ha la strada spianata fino alla fine. Tra un feedback e una sezione d'archi, le strategie di John Cale e le chitarre di Jon Dee Graham, troverete infine The Ladder, una border song incantevole, con una fisarmonica bellissima e un mood che più romantico non si può.