Da Stillwater, Oklahoma, i
Great Divide arrivano ad Austin a registrare il secondo album. Lloyd Maines li produce dando una forma sempre più sofisticata ed elegante alla contagiosa energia della band. Al quartetto composto da Mike McClure, voce e chitarra, Scotte Lester, voce e chitarra ritmica, Kelley Green, basso, e J.J. Lester, batteria, aggiunge il violino di Gene Elders, l'armonica di Mike Samuels, l'organo di Stewart Cochran, e il proprio contributo alla pedal steel, lap-steel, e chitarre varie; oltre, naturalmente, ad un bagaglio di esperienza che non ha uguali.
I ragazzi, latori di un vibrante Texas-Okie country-rock roots sound vengono proprio portati 'to the next level'. I ragazzi non sono sprovveduti, conoscono il linguaggio rock urbano, i songwriters colti, e non, delle due coste, quelli roots alla Steve Earle, ed i country-man di più generazioni, lo si evinceva già da
Going For Broke (1994), ma hanno fatto realmente il salto di qualità e sono arrivati ad un livello più alto.
Mike McClure scrive ballads elettro-acustiche da mozzare il fiato, la fonte d'ispirazione è diretta dai grandi: Creedence, Buffett, Jerry Jeff, Earle. Le nuove bands country, già castrate dai contratti con le majors di Nashville, non reggono il confronto.
In
Break In The Storm pulsa energia e creatività, ogni brano ha un suo spessore e trasuda emozioni e sonorità di autentica musica, non quello che suona politicamente corretto alle 'country-radio'. Indipendenti, quindi non privati degli attributi, i Great Divide non solo interpretano country-rock-roots songs da brivido, ma scrivono testi in sintonia con quello che suonano.
Billy Covington e
Round That Bend (dai ritmi cari a Fogerty) sembrano uscite dalla penna di uno Springsteen sudista e rurale,
Pour Me A Vacation si commenta da sola con la frase: Barmaid, Play Me Some Buffett!, lo steel-guitar sound ci porta lontano.
La voce piena d'anima ed espressiva di McClure, affascina man mano che ci diventa familiare, comunica emozioni in presa diretta, sembra conoscere la linea diretta con il cuore. Il duetto con Jimmy LaFave,
Used To Be, è in tutto degno della miglior produzione di quest'ultimo. Strepitose le due chitarre con il sottofondo d'organo, soluzione strumentale comune ma che, in
Used To Be, sembra uscita da un lavoro d'altri tempi di southern bands come gli Allman Bros. o la Marshall Tucker. Non mancano corpose country-ballads,
Out To Love, la nostalgica e piena di fede
I Want To Come Home, con la preghiera "
Lord, I Want To Come Home" seguita da una struggente armonica, ma i
Great Divide si fanno apprezzare ancora di più proprio quando il loro sound si sposta verso il rock e le rock-ballads con le atmosfere più tipicamente southern.
Una band rivelazione, ancora una volta sulla linea Oklahoma-Texas, che sembra destinata a crescere per onorare l'ambizioso nome che porta.