AARON WATSON (San Angelo)
Discografia border=parole del Pelle

          

  Recensione del  02/06/2006
    

Nuovo lavoro di studio per Aaron Watson, texano nativo di Amarillo, di cui ho recensito pochi mesi fa l'ottimo Live At The Texas Hall Of Fame, un disco dal vivo tosto e potente, sulla stessa falsariga di quelli di colleghi quali Jack Ingram o Charlie Robison.
Aaron è infatti un countryman con le palle, uno che quando può non esita a roccare, e se in studio deve comunque scendere a qualche compromesso inserendo nei suoi lavori qualche ballata (sempre comunque alla maniera texana), on stage si può scatenare a suo piacimento.
Non siamo qui comunque a (ri)parlare del suo disco dal vivo, ma del suo nuovo lavoro in studio San Angelo, che segue a due anni di distanza l'acclamato The Honky Tonk Kid. Ebbene, anche in San Angelo Watson non si smentisce: il suono è vibrante, a fianco dei tradizionali violini e steel trovano grande spazio le chitarre ed una sezione ritmica tostissima, e anche nelle ballate Aaron non si perde in stucchevoli melensaggini ma colpisce dritto al cuore.
Niente di innovativo, intendiamoci, ma una riuscita collezione di buone canzoni (e qualche cover oculata), le influenze giuste (Waylon, Willie, George Jones, Merle Haggard) ed una voce forte e chiara che è lo strumento in più nelle mani del nostro. Come ciliegina sulla torta la produzione professionale, come nel disco precedente, del leader degli Asleep At The Wheel Ray Benson, e la presenza in studio di nostre vecchie conoscenze come Glen Fukunaga e Lloyd Maines.
Si inizia subito forte con la ritmatissima Heyday Tonight, un velocissimo bluegrass elettrico (con echi cajun), con assoli mozzafiato di chitarra e steel. Provate a tenere fermi piedi e testa. Good Thing Going è una ballata classica ma piena di mordente, ben lontana dalle mollezze di Nashville. In Harm's Way (scritta da Jim Lauderdale) è un altro lento, ma è anche meglio del precedente: la melodia, specie nel ritornello, è di prim'ordine, e la performance vocale di Aaron è di quelle che non passano inosservate. 3rd Gear & 17, dal ritmo acceso, è puro country elettrico, la bella Unbelievably Beautiful ha una cadenza confidenziale da jazz lento, da swing afterhours (e qui c'è lo zampino di Benson), e Watson se la cava a meraviglia.
C'è più feeling qui che in tutta la carriera di quel bamboccione di Michael Bublé. Haunted House è country country (avete presente i Br549 più rilassati?), la mossa I'm A Memory, proprio quella di Willie Nelson, ha un arrangiamento molto ricco, e anche poco country (se non fosse per la steel), ma la bella melodia del brano viene ugualmente esaltata. San Angelo è una gentile e dolce ballata che profuma di Messico, forse il miglior slow del disco: Aaron canta con convinzione, mentre la chitarra flamenco ed il violino fanno la loro parte in sottofondo.
La coinvolgente Except For Jessie è roccata al punto giusto, alla maniera di Waylon o di Billy Joe Shaver; Blame It On Me è una ballata scritta da Bruce Robison, più convenzionale rispetto alle altre ma sempre gradevole. L'irresistibile All American Country Girl è puro rockabilly, Texas way; True Love Ways è proprio il classico di Buddy Holly, ed Aaron lo ripropone con grande rispetto per l'originale, e la band lo segue (sembra di sentire i Mavericks).
Nobody's Crying But The Baby chiude il disco con la ballad forse più nashvilliana di tutte. Ma è un peccato veniale: Aaron Watson è in costante miglioramento, e San Angelo potrebbe essere il suo trampolino di lancio definitivo.