NEIL YOUNG (Living with War)
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  Recensione del  02/06/2006
    

Si sa, Neil Young non è una persona facile, e neppure tanto controllabile. Ma quello che ha fatto in Aprile è un atto di coraggio, forte e veemente, contro la politica imperialista e guerrafondaia di Bush. Chi, qui in Italia, avrebbe il coraggio di fare la stessa cosa? Chi sarebbe capace di affrontare a muso duro il fronte politico che controlla un situazione di questa gravita? Non credo che da noi ci sia un musicista del carisma di Young in grado di andare contro le istituzioni con tale forza. L'America, qualunque cosa si possa dire su di lei, rimane uno stato democratico in cui è ancora possibile dire la propria senza venire censurati. Young però ha fatto di più.
Ha inciso il disco in poco più di una settimana, lo ha mixato e lo ha messo in streaming sul suo sito internet (www.neilyoung.com) dove tutti lo possono ascoltare (ma non scaricare) in assoluta libertà. Per chi non riuscisse a collegarsi al sito di Young consigliamo Rockin in Free World, il bel sito su CSN&Y tenuto da Salvatore Esposito, dove si può ascoltare, sempre in streaming, Living With War (www. rockinfreeworld.135.it) Young ha fatto tutto all'insaputa della sua casa discografica. Non ha parlato con la Warner, ha fatto il disco e basta: è stata la Warner che, una volta accortasi che il suo artista aveva fatto un nuovo album, ha dovuto correre ai ripari e stampare in fretta e furia il nuovo CD. Infatto, negli Usa, Living With War è stato commercializzato dal 9 Maggio (mentre era comprabile e scaricabile dalla rete sin dal due maggio), mentre nel resto del mondo i tempi si sono allungati. Certo che se gli artisti cominceranno a fare in questo modo, le case discografiche perderanno ulteriormente il già esiguo potere che hanno tra le mani e la musica diventerà di fruizione libera (e costerà sicuramente meno). Living With War è un disco tosto che Young ha registrato con la sola compagnia di Chad Cromwell (batteria), Rick Rosas (basso) e Tommy Bray (Tromba).
Ha usato anche un coro di cento voci per alcuni passaggi (il coro è stato messo assieme in fretta e furia dalla vocalist Rosemary Butler). Un disco essenzialmente rock, disossato e pulsante, con la chitarre e la voce di Neil protagonisti assoluti, ed una manciata di canzoni frenetiche, potenti e coinvolgenti, con testi duri ed arrabbiati. Un disco di protesta, come non si sentiva da molti anni, un disco bello e fiero, da ascoltare a cuore aperto e mente libera, da suonare a tutto volume, da cantare a squarciagola e da vivere a stretto contatto con l'artista. Young non la ha mai mandata a dire, ma questa volta picchia duro, come narra il testo di Let's Impeach The President: "Mettiamo sotto accusa il Presidente, per avere mentito ed avere portato in guerra il nostro paese, abusando del potere che noi gli abbiamo conferito e buttando via il nostro denaro... mettiamo sotto accusa il Presidente per avere spiato i suoi cittadini nelle loro case, infrangendo ogni legge del nostro paese, intercettando i nostri computer ed i nostri telefoni... mettiamo sotto accusa il Presidente per avere rubato la nostra religione, usandola per essete eletto... ".
Una canzone tosta, come il resto del disco, che pochi avrebbero il coraggio di scrivere (tra l'altro la canzone è stata scritta usando la melodia di City of New Orleans di Steve Goodman). E, naturalmente, subito c'è stato chi gli si è rivoltato contro, come successe in passato a Steve Earle o a tutto il carrozzone del Vote For Change: Mick Gallagher del programma Fox News ha detto "Young è ricco e famoso perché il paese che lui ha deciso di sputtanare lo ha reso tale" oppure altri giornalisti di destra, e non solo, che lo hanno ricoperto coi più variegati insulti.
Ma Young non si cura di queste cose e va dritto allo scopo. Living With War deve scuotere le coscienze, deve gettare benzina sul fuoco, deve allertare la gente: non si può vivere con la guerra, non si può. Solo per questo meriterebbe il nostro rispetto. Poi ci sono le canzoni e molte sono di valore: da Flags of Freedom, che si rifà al ritonello di Chimes of Freedom (Dylan, Byrds, Springsteen: qui torna in gioco la grande musica Americana, la protesta e le radici), oppure Shock and Awe, dove brilla la tromba o, ancora, l'iniziale After the Garden, la toccante Families o la profetica Looking for a Leader. Chiusura con la tradizionale America The Beautiful cantata dal coro. Splendido, forte e struggente.