BRIAN KEANE (I Ain't Even Lonely)
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  Recensione del  01/06/2006
    

Brian Keane, originario della Carolina (del Sud), texano d'adozione, è un cantautore dalle notevoli possibilità. I Ain't Even Lonely è il suo lavoro d'esordio (anche se Brian ha un omonimo nell'ambito della fusion jazz, già con alcuni dischi al suo attivo). Brian ha il gusto per la ballata e sa comporre canzoni di indubbio spessore: canzoni che toccano nel profondo e che sanno emozionare. Ha girato a lungo, prima di trovare casa ad Austin: infatti dopo avere frequantato il Berklee College of Music di Boston è stato per un certo tempo a New York, dove si è fatto le ossa. Qui ha lavorato come multistrumentista per una band bluegrass, Red Rooster (con cui ha registrato un CD), poi ha lentamente cominciato ad esibirsi come solista.
Ha iniziato a scrivere canzoni e, quasi per caso, alcune sono finite nei dischi di Asylum Streek Spankers e Bob Schneider, due act abbastanza popolari sulla scena di Austin. A quel punto Keane è andato ad Austin, dove ha incontrato il produttore (e batterista) Eldridge Goins. Goins lo ha convinto ad andare in studio e gli ha messo attorno musicisti di valore come Steve Wedemeyer (vi ricordate il suo bel disco d'esordio, recensito su questo sito qualche anno fa, Disclose?) alla chitarra, Colin Brooks al dobro, chitarra e lap steel, Seth Whitney al basso e Eleanor Whitmore al violino. Il risultato è un bel disco, pieno di struggenti ballate, di canzoni interiori, che danno la misura suo valore. Keane è il diretto discendente di quella nuova linea di autori, tutti più o meno provenienti del Sud degli States: gente come Jeff Black, Steve Wedemeyer, Mando Saenz ma anche Townes Van Zandt.
Autore introspettivo Keane non dimentica le sue radici texane e, qui e là, lascia il segno: come nella tersa country ballad, che più classica non si può, Your Whining Will Be Gone o nella fiddle oriented Angeline. Ma, per saggiare la sua bravura, basterebbe ascoltare la splendida rilettura di Anywhere I Lay My Head di Tom Waits che Brian fa diventare sua modellandola sulla propria voce e sul proprio suono, coadiuvato alla doppia voce da Guy Forsyth. Balladeer per vocazione Keane infila, una dopo l'altra, almeno sei canzoni di spessore. I Ain't Even Lonely, che giustamente da il titolo alla raccolta, si può definire la canzone manifesto del lavoro: giocata su una melodia interiore, con la chitarra di Brooks che ricama note, è cantata con voce emozionata e sincera.
Una composizione che sta giusto a metà tra ballata roots e canzone d'autore. E Go So Wrong ha un approccio bluesy, grazie al piano suonato dallo stesso Brian, mentre I Miss You è un valzer country pieno di tristezza che si muta una canzone interiore, amara e notturna. It's Been a Long Long Day è scritta su un testo di Townes Van Zandt (Keane ha mischiato le sue liriche con quelle di Flying Shoes): un ricordo accorato e commovente, pura musica d'autore: una bella melodia, una chitarra arpeggiata, il piano sul fondo. Mexico è pura e diretta: una composizione melodica, coinvolgente, in cui la vena del nostro mischia radici country e canzone d'autore.
Il disco prosegue su questa linea alternando piccoli quadri d'autore (come Hometown che richiama, se vogliamo, Jackson Browne), oppure la country song Angeline. Chiudono Carry Me, splendida ed interiore, la tenue You've Gone e la tersa Odysseus, una sorta di talkin' country molto piacevole. Brian Keane non sarà depositario di uno stile proprio ma è già un autore in grado di incuriosire e di coinvolgere anche l'ascoltatore meno attento. La sua è vera musica.