JEFFREY FOUCAULT (Ghost Repeater)
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  Recensione del  26/05/2006
    

Di Jeffrey Foucault ci siamo occupati in occasione di Stripping Cane, l'album che alla fine del 2004 aveva messo in luce le ottime credenziali di questo cantautore originario del Wisconsin: una voce particolare, profonda e quasi baritonale al servizio di una manciata di brani per lo più acustici e minimali, toni soffusi ed autunnali cadenzati da liriche intense e vibranti, spruzzate di poesia e delicatezza. Ingredienti questi che lo hanno imposto all'attenzione degli addetti ai lavori, tanto che una rivista come Mojo gli ha tributato un'attenzione a dir poco inusuale per un artista alle prime armi.
Registrato nella calma isolata di una gelida Iowa City, Ghost Repeater non fa che confermare le ottime impressioni che quell'album aveva suscitato. Si tratta della sua terza fatica da solista, se si esclude il progetto peraltro ben riuscito di Redbird, realizzato insieme ad altre due promesse del cantautorato americano, Peter Mulvey e Kris Delmhorst. A differenza dei due album precedenti, che facevano leva su una struttura sostanzialmente spoglia ed acustica, il nuovo album indossa una veste sobriamente elegante e ci regala una serie di canzoni di spessore, in cui Foucault si muove con una disinvoltura da primo della classe.
La spinta radicale in direzione di un suono più curato ed accattivante proviene da quel piccolo mostro sacro che porta il nome di Bo Ramsey, chitarrista e produttore di vaglia che vanta collaborazioni con Greg Brown e Lucinda Williams, un fine cesellatore di suoni ed emozioni. A dare man forte ci pensano poi Dave Moore alla fisarmonica, il grande Eric Heywood alla pedal steel, Rick Cicalo al basso, Steve Hayes alle percussioni, Nate Basinger all'organo e l'amica Kris Delmhorst che presta la sua calda voce ad alcuni disegni decisamente ben riusciti. Sotto la supervisione di Ramsey le composizioni spostano il loro sguardo verso atmosfere più tendenzialmente country-blues, anche se la corrente nella quale l'artista si muove percorre rotte ormai consolidate in quello stile Americana in cui pare aver trovato una dimensione consona alle sue esigenze espressive.
Foucault attraversa senz'altro un momento felice e la sua penna ispirata lascia tracce che si fanno sempre più profonde ad ogni ascolto, grazie al carattere introspettivo dei brani che non lasciano mai nulla al caso. La poesia è richiamata dalla stessa immagine evocata dal titolo, stazioni radio semi-abbandonate sparse sul territorio che diffondono interminabili sequenze musicali di un'America scomparsa e tristemente sola. Ghost Repeater è anche il brano che apre la raccolta, splendida cavalcata che viaggia sul calore incisivo della fisarmonica e su una melodia semplicemente splendida e solare, da ascoltare all'infinito. Americans in Corduroys ci mostra invece il lato più cupo e malinconico, una tenue ballata dalla struttura acustica magistralmente rapita dai tocchi pungenti della chitarra elettrica di Ramsey, che qui dimostra tutto il gran bene che si è detto di lui.
Sulla stessa linea si muove I Dream an Old Lover, titolo superbo per un brano che rimanda alle atmosfere del disco precedente, mentre One for Sorrow varca la soglia del country e si fa notare per l'ottima steel che supporta il refrain a doppia voce; Train to Jackson sposta l'ago della bilancia in direzione di quel blues che trova la sua massima espressione in Wild Waste and Welter, una spolverata di tradizione che trasuda interiorità e sentimento, One Part Love è una country song gentile in cui la Delmhorst ricama eleganti rifiniture di velluto sulla voce ben impostata dell'autore, e qui è la steel di Heywood a tracciare piccoli incantesimi di rara intensità.
Molto bella City Flower, a mio avviso uno dei momenti più alti del disco, una ballata dalla sapida melodia e dall'incedere trasparente, sfiorata dal sottile eco di un organo che la rende a dir poco perfetta; si procede con Tall Grass in Old Virginny, che come tradisce il titolo è costruita su una struttura old fashioned, un folk blues che richiama i padri della tradizione, per passare a Mesa, Arizona, country di gran classe, forse il brano che più marcatamente richiama il genere.
Chiude il disco Appeline, una struggente ballata cantata con il cuore, a dimostrare lo spessore di un songwriter che ha tutte le carte in regola per regalarci ancora grandi emozioni. Per i più solleciti esiste un'edizione limitata con un cd omaggio che raccoglie due outtakes dall'album in questione, Shadows Tumble e Money Blues, due brani da Stripping Cane, Northbound 35 e 4 & 20 Blues per finire con Drunk Lullaby, dal progetto Redbird.