È il caso di dire che l'allievo ha superato il maestro.
Bill Toms, chitarrista degli Houserockers di
Joe Grushecky, ha realizzato un disco che suona più convincente degli ultimi lavori del suo ex leader.
Non è il debutto discografico di Bill Toms perché
The West End Kid è il suo quinto lavoro solista, un disco che non si discosta dallo stile musicale di Grushecky e insiste su quel modello di rock stradaiolo alla Springsteen che ormai lo stesso Bruce ha lasciato alle spalle ma che su entrambe le sponde dell'Atlantico continua a mietere proseliti. Si ascolti a tal proposito l'interessante
Dirty Roads dei riminesi Miami and The Groovers. Col bassista Art Nardini, il batterista Joffo Simmons, il percussionista Bernie Herr, il tastierista Joe Pelesky, musicisti che quando accompagnano Grushecky si chiamano
Houserockers e quando suonano con lui prendono il nome di
Hard Rain, Bill Toms ha messo a segno il miglior lavoro della sua carriera, rafforzando le buone impressioni destate da
Paradise Avenue del 1997 e da
This Old World del 2001.
Pur rimanendo fedele ai paesaggi musicali della East Coast, Toms come Grushecky arriva da Pittsburgh, ovvero rock di matrice classica con testi di ambientazione blue collar, diversi annessi e connessi col R&B e una forte vocazione da bar-boogie band, Bill Toms infila una serie di canzoni che paiono ancora credibili e mettono in luce l'onestà di una musica che non pretende altro che essere del sano rock n'roll da periferia urbana, teso nelle chitarre e romantico nelle liriche. Sebbene ormai un po' risaputo il rock di
The West End Kid sa ancora provocare sussulti di emozione specie quando la canzone prende la forma di una ballata corale ed evocativa come
She Takes Me Home dove c'è la collaborazione dell'amico Grushecky oppure in
This Is Nowhere, voce carta vetrata per una fuligginosa e disperata ballata sul deserto umano che ci circonda e ancora nella straziante
In The Paradise dove sembra risuonare quel blue collar rock venato di R&B bianco che diede smalto al primo disco solista di
Little Steven Men Without Women.
Particolarmente azzeccato è l'uso del sax da parte di
Phil Brontz, l'elemento che caratterizza il sound degli Hard Rain e li rende diversi dai tanti che bazzicano queste stesse strade. I suoi interventi sono decisivi, urla R&B come uno shouter quando il brano richiede rabbia ed energia oppure sembra uscire da un disco dei Little Feat (
I'll Take My Pride), è bluastro e jazzy quando la ballata (magistrale l'assolo di
This Is Nowhere, scenografico l'arrangiamento di
I Was In Love With You) diventa una specie di colonna sonora di un film notturno e urbano sulla solitudine.
La voce di Toms non è portentosa, è roca quanto basta per urlare la sua insoddisfazione in
Another Round For The West Kid, per sussurrare il flebile messaggio d'amore di
I Was In Love With You come fosse l'ultimo epigono di Tom Waits, per cantare l'innocenza ormai tardiva di
I'm Walking With An Angel Tonight, un brano che rimanda ad un periodo felice per questo stile musicale, quando una canzone sembrava poter cambiare una vita e Springsteen era visto come il pioniere di una terra promessa accessibile a tutti. La bravura di
Bill Toms è proprio quella di dare ancora un briciolo di credibilità a quella promessa con canzoni che sono sopravvissute con dignità al cambio d'epoca.