SCOTT MILLER & The COMMONWEALTH (Citation)
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  Recensione del  27/04/2006
    

La fatidica pubblicazione del terzo disco viene sempre identificata come un banco di prova essenziale per la carriera di un artista, e aldilą di quello che potrebbe essere uno dei tanti luoghi comuni del rock'n'roll, la casistica calza a pennello per quanto riguarda Scott Miller. Rocker di buone speranze all'interno del movimento roots americano, dopo un esordio folgorante, Thus Always to Tyrants, aveva a mio parere giocato di rendita nel successivo Upside-Dowside, titolo che condensava le due facce dell'autore, indeciso se assecondare il tiro micidiale delle chitarre elettriche o la vena acustica e rurale insita nelle sue ballate. Citation, sempre sotto l'egida della Sugar Hill, si annunciava dunque come un esame senza appello o quasi, per giunta accresciuto di interesse dalla presenza di Jim Dickinson, non un nome qualunque, in fase produttiva.
Sempre accompagnato dai Commonwealth, che nella figura di Eric Fritsch (organi, chitarre e controcanti) conoscono la spalla ideale di Miller, quest'ultimo sembra avere ripreso confidenza con quel roots rock sbarazzino e deliziosamente melodico che lo aveva fatto conoscere. Non ama eccessivi fronzoli Scott Miller, le sue canzoni sono stringate, veloci e frizzanti, e quando trovano la giusta armonia fra chiasso rock e radici country nascono piccoli gioielli: Still people are Moving ad esempio, una ballata che sfrutta un deciso crescendo ritmico nel ritornello, un bel gioco di voci, rincorrendo le strade che furono di Tom Petty e dei suoi Heartbreakers.
Un punto di riferimento, assieme al timbro proletario di John Mellencamp, che ciclicamente ritorna nella musica di Miller, nell'amalgama fra chitarre e organo di Freedom's A Stranger, scritta a quattro mani con l'ex compagno nei V-Roys Mic Harrison, o nell'esplosione pop rock di Only Everything, fino alla semplicitą fin troppo facilona di Jody. Concepito a Fort Sanders, vicino alla sua amata Knoxville, registrato e mixato a Memphis, Citation sembra aver colto lungo il tragitto gli umori pił roots di quei luoghi: cosģ spuntano le tonalitą country e hillbilly di Wild Things e On a Roll, le classiche candenze country rock di The Only Road, con la partecipazione alla seconda voce di Reba Russell, ballate che francamente non aggiungono molto a quanto gią detto con efficacia nei precedenti dischi, forse solamente esplicitate in uno stile pił maturo.
Bisogna dunque approdare alla sporcizia blues rock di 8 Miles a Gallon per scoprire un inedito Scott Miller, pił ruvido e feroce negli accenti southern-swamp del brano, ripetuti in parte nella interessante riproposizione in chiave country blues elettrica di Hawks and Doves (Neil Young), un brano a sfondo politico tra i pił contradditori del loner canadese. Seguendo lo schema di un roots rock genuino e dalla presa immediata, Scott Miller e i suoi Commonwealth superano l'ostacolo con rinnovata freschezza, grazie ad un repertorio pił omogeneo, meno stiracchiato, seppure non si intravedano le scintille e l'ispirazione che guidavano il loro debutto discografico.