BLACK WATER GOSPEL (Black Water Gospel)
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  Recensione del  26/04/2006
    

"The singer not the song", la voce prima di tutto. Infatti la raucedine blues di Juan Gutierrez, chiare origini ispaniche, è quanto di meglio si sia sentito di recente nel sottobosco del roots rock americano, nonostante la musica dei Black Water Gospel non rappresenti una novità sconvolgente del settore.
L'impatto immediato con l'omonimo esordio di questi ragazzi di Austin deve fare i conti soprattutto con Gutierrez e il suo approccio, oserei dire soul, alla materia alternative country trattata, una combinazione tra la sofferenza di Ben Nichols dei Lucero, un marcato southern feeling e del nitido rock stradaiolo. L'arma in più per distinguersi dai numerosi concorrenti sulla piazza texana è proprio questa vocalità al catrame che pone il rockn'roll livido e trascinante di brani come Six Down, Walk on Stilts o Back to Myself nel solco tracciato da ribelli roots quali Drive by Truckers e Slobberbone, parenti stretti dello stile musicale qui affrontato. Juan Gutierrez (chitarre ritmiche, voce) e Jesse Duke (chitarre, banjo, armonica) si conoscono alla Texas State University di San Marcos nel 2003, cominciano a improvvisare sogni di gloria e appena raggiunta una line up degna di nota (Dan White al basso e Andy Morris alla batteria), spostano il raggio d'azione nella capitale del rock delle radici, Austin.
Black Water Gospel viene così prodotto da Michael Ramos (già alla corte di John Mellencamp e BoDeans): certamente non uno sprovveduto, anche se la sua mano risulta pesante e in definitiva un handicap per la completa riuscita del disco, l'unica pecca vistosa per un raccolto tutto sommato molto promettetente.
Il suono in presa diretta rappresenta sulla carta un'idea vincente, in grado di cogliere l'immediatezza live della band, ma risulta eccessivamente carico, ai limiti della saturazione, e gioca qualche brutto scherzo in fase di arrangiamento, specialmente nei pezzi di orientamento più acustico e tradizionale. È il caso di Screen Door e Soul Searching (all'accordion lo stesso Ramos), ottimi esempi di ballate rurali che avrebbero meritato qualche aggiustamento. Archiviati tuttavia un paio di episodi sotto tono, restano da descrivere le lunghe cavalcate alternative country, forse troppo stereotipate, di Seewing Smile e Take it All, con il violino di Mandy Rowden a ricordare i primi Whiskeytown.
La forza dei Black Water Gospel fa leva tuttavia sul southern rock di Once Forbidden e soprattutto nel debordante rock'n'roll della conclusiva On the Road (un Gutierrez strepitoso al canto), quanto nelle citate Six Down e Walk on Stilts, avvolte dalle note dell'organo di Michael Ramos e dalle chitarre ruvide di Jesse Duke.