DRIVE-BY TRUCKERS (A Blessing and a Curse)
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  Recensione del  26/04/2006


    

C'era da aspettarselo, dopo le impressioni altamente positive della saga sudista dedicata ai Lynyrd Skynyrd (Southern Rock Opera) e l'affondo nel sud sfigurato dalle speculazioni e dalle grandi corporazioni (The Dirty South), per i Drive-By Truckers è arrivato il momento del disco della maturità. A Blessing and A Curse, "una benedizione e una maledizione" titolo suggeritogli dall'amico regista e fotografo Danny Clinch (lo stesso del video di Devils and Dust), non è solo il loro nuovo disco ma è anche il migliore, quello che suggella una carriera fatta di gavetta, duro lavoro, concerti e dischi rivolti alla ricerca di qualcosa che rappresentasse un nuovo sud, originale e diverso. I DBT nel corso degli anni hanno saputo andare oltre gli stereotipati cliché del rock sudista trovando identità in un sound contemporaneo fatto di chitarre, ritmo e parole che illustrano la tenace lotta per sopravvivere e crescere in questo mondo, senza peraltro compromettere le loro radici che affondano nel rock n'roll di Memphis, nel blues del Delta, nel country e nel folk di Johnny Cash e nel southern rock dei Lynyrd Skynyrd.
Disco dopo disco, i DBT hanno maturato una personalità musicale netta, sfogando la loro passione e la loro onestà artistica in canzoni di grande trasporto emotivo dove le loro radici si sono amalgamati ai riff degli Stones, alle voci dei Faces e ai nervi dei Repalcements e dove il tratto visionario della loro scrittura serve a descrivere un Sud fosco e rurale ancora pieno di fascino e misteri. Valgono come semplificazione della loro musica i fantasiosi disegni di stile horror e southern gothic con caricature di uccelli del malaugurio, paludi vischiose, alberi scheletrici, strade di campagna, cimiteri, lune e visi allampanati che personalizzano le copertine e i booklet dei loro dischi, una specie di marchio di fabbrica del disegnatore Wes Freed che sull’esempio di quanto fatto da Neon Park con i Little Feat ha ormai dato una immagine riconoscibile e divertente al gruppo dell'Alabama.
I DBT sono passati dai fremiti punk degli esordi a Decoration Day, che nel 2003 gli valse la segnalazione della rivista specializzata No Depression come Band OF The Year, poi hanno realizzato due concept album, il primo ricostruendo l'epopea di un sud glorioso e ribelle incarnato dai Lynyrd Skynyrd, il seguente prendendo a schiaffi lo stesso "mitologico" sud ormai brutalizzato territorialmente e socialmente da una modernità che ha fatto a pezzi un mondo di piccole città, di campagne, di persone e di storie, di mestieri e tradizioni.
A Blessing and A Curse continua stilisticamente la strada tracciata dai due precedenti lavori ma è saggiamente più corto di The Dirty South, quarantasette minuti contro gli oltre settanta dell'altro e più pulito e curato in fase di produzione anche se il suono continua ad essere quello di un vintage rock segnato da uno sporco blues e da un bislacco country. Non si sono smarrite energia e autenticità e le emozioni grondano grazie ad una serie di rock e ballate che esaltano lo spirito fuorilegge del gruppo e il grande cuore della loro musica.
Il cantante e chitarrista Patterson Hood continua ad essere il punto di riferimento dal punto di vista lirico, un autore di forza espressiva non comune, comparabile per diverse ragioni a Willy Vlautin dei Richmond Fontaine per la capacità con cui sa evocare coi semplici mezzi di una canzone l'atmosfera cupa di un funerale (Little Bonnie), la struggente nostalgia di un arrivederci (Goodbye) e il deterioramento psichico e fisico (Aftermath Usa) di una rovinosa decadenza a base di alcol e droghe. Dettagli di un universo in cui si misura la difficoltà del vivere e la facilità della caduta e dove gli elementi classici della letteratura sudista, compreso quel gothic country sempre più massicciamente presente nelle giovani band americane della provincia, si uniscono a una lucida e fredda poesia rock, così da offrire superbe ballate (era dai Green On Red di Scapegoats che non sentivo cose come Goodbye e Little Bonnie) e pezzi del sempre eterno Exile come la drogatissima Aftermath Usa, Rolling Stones 100% fin dal titolo.
Oltre ad un' inizio del disco, una Feb 14 che sembra arrivare direttamente da All Shook Down dei Replacements e una fine, l'eterea A World Of Hurt che tra pedal steel e visioni bucoliche, tra echi di Crosby, Young e NRPS, ricrea la magnifica atmosfera della westcoast, da album di gran classe. Ma rispetto ai Richmond Fontaine, i Drive-By Truckers possono contare su un tridente di autori e cantanti che annovera oltre a Hood, Mike Cooley e Jason Isbell, quest'utlimo il più loudest tra i tre chitarristi. Cooley è protagonista di una Gravity's Gone che urla amore e disperazione dentro le note di un dirty sound fatto di slide e accordature aperte e poi si addolcisce con Space City, lento canto acustico in odore di litania, Isabell va da un polo all'altro e si divide tra il powerpop di Easy On Yourself e le luminose aperture da songwriter di Daylight.
I tre, aiutati dalla sezione ritmica di Brad Morgan e Shonna Tucker, danno vita a un gioco di squadra che riesce a meraviglia e decreta i Drive By Truckers come una delle realtà più brillanti del rock attuale, una sorta di Wilco senza l'elettronica. A Blessing and A Curse è un disco che non ha punti deboli, ha ballate memorabili e chitarre taglienti, momenti lirici e nervosi colpi assassini, cupi colori notturni e radiosi sprazzi di orizzonti americani, canzoni benedette e canzoni maledette. Un disco da vivere fino in fondo in tutti i suoi aspetti.