KRIS KRISTOFFERSON (This Old Road)
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  Recensione del  26/04/2006
    

Sono sempre stato un fan di Kris Kristofferson, sin dagli esordi, all'inizio dei settanta. Poi Kris ha mischiato la carriera di attore con quella di musicista e non sempre è riuscito a fare grandi dischi, ma la stoffa c'era e, ogni tanto, ci ha gratificato con album di grande spessore, come questo This Old Road. In realtà negli ultimi anni Kristofferson, classe 1936 (quest'anno ne compie 70, ma non li dimostra), ha inciso poco, ma ha curato più la qualità: dall'eccellente The Austin Sessions del 1999 allo splendido Live Broken Freedom Songs del 2003. Erano anni che non ci faceva sentire la sua voce a questi livelli, forse dagli anni settanta, da dischi come l'esordio Kristofferson, The Silver Tongued Devil and I, Jesus was A Capricorn.
Poi ha poi mantenuto una buona qualità, magari senza arrivare a questi vertici, ma lasciando comunque la sua impronta con To The Bone, Who's To Bless, Repossesed e, sopratutto, Third World Warrior. Non ha mai smesso di combattere, né di scrivere canzoni contro l'establishment, le guerre, il governo. This Old Road è un disco intenso e profondo, vicino alle opere che l'amico Johnny Cash ha registrato per l'American: gran voce, pochi strumenti, talvolta solo la chitarra e l'armonica, ed una manciata di canzoni fiere e superbe, canzoni destinate a restare nella memoria ed a resistere alle scalfitture del tempo. This old Road è un riflessione sul passato, sulla vita, sugli amici, sui colleghi: è un disco inciso nell'intimità e prodotto da Don Was. Was è stato intelligente e non ha appesantito l'album, suonando lui stesso alcuni strumenti (basso e piano, ma facendo anche la seconda voce) e coinvolgendo solo Stephen Bruton e Jim Keltner.
Il risulatato è un album struggente, denso di canzoni che occhieggiano alla più classica scrittura del nostro, con continui sguardi al passato ma anche argute osservazioni sul presente: un album in cui l'autore mischia la sua visione politica e fatti che lo riguardano da vicino (anche nella stessa canzone) con un affascinante cocktail di nostalgia e spavalderia. Le canzoni. This Old Road, voce e chitarra, ci riporta ai primi settanta, a Me and Bobby McGee: pura, distillata nei suoni (bravo Stephen Bruton), ha una melodia intensa che cattura al primo ascolto. Pilgrim's Progress riprende le liriche di un classico sempre di quel periodo, Chapter 33, e scende nel personale: infatti in questa canzone, una sorta di cantilena, Kris dice la verità, solo la verità. Abituato a dire quello che pensa, ricorda gli amici ed il passato nella struggente The Last Thing to Go dove, attraverso una ballata di sapore western, rievoca persone e momenti di vita, quando "volevamo venire alla ribalta cercando di dire qualche cosa di importante". Una ballad struggente, con l'armonica che sancisce la purezza della canzone ed una melodia che sembra stampata sui songbook del vecchio West.
Wild American è un'ode ai musicisti che non la mandano a dire, a quelli che combattono, da Wild Americans. John Trudell, un combattente vero, Merle Haggard e Steve Earle, due che non si sono mai tirati indietro, che hanno cantato per la libertà e contro gli abusi, ma anche Willie Nelson, uno che è sempre andato contro Bush. In The News, base acustica e passo classico, è una story song tipica del nostro, suggestiva e coinvolgente. The Burden of Freedom, Il Fardello della Libertà, è un altra composizione intensa e che prende una posizione netta nei confronti del governo Bush, una classica folk song di protesta, mentre Chase the Feeling è bluesata ed elettrica, diversa dalle altre. Holy Creation è acustica, come gran parte dell'album, ed è forse la più passionale dell'intero lavoro: ispirata ai suoi otto figli, narra della sua figura di padre.
Altra canzone di spessore è The Show Goes On, una sorta di ripasso ulteriore della propria vita: la canzone è percorsa da una vena blues, due chitarre e la solita voce espressiva. Thank You For A Life parla, oltre che della famiglia, dei suoi amici e colleghi: lenta, acustica, passo classico, voce profonda, Kristofferson fa scorrere le immagini che lo hanno visto protagonista. Chiusura in bellezza con Final Attraction dove il nostro si è ispirato a Willie Nelson ed al suo modo di comunicare alla folla "è una cosa speciale, la relazione che si crea tra un artista ed il suo pubblico". Intro acustico, finale elettrico e Kris nomina i suoi miti: Hank Williams, Ray Charles, Johnny Cash, June Carter Cash, Waylon Jennings, Mickey Newbury, Vince Matthews, Shel Silverstein, Harlan Howard, Roger Miller, Janis Joplin, George Harrison, John Lennon, Jimi Hendrix, Lefty Frizzell. Tutta gente che ci ha lasciato, anche da lungo tempo. Il modo migliore per accomiatarsi dal proprio pubblico.