DAVID DONDERO (South of the South)
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  Recensione del  26/04/2006
    

Ex Sunbrain, con cui ha relizzato tre dischi iniziando nel 1993, David Dondero si è poi svincolato dalla sua band per diventare un solista a tutti gli effetti. Ha realizzato sei dischi nel giro di altrettanti anni e South of the South viene considerato il suo massimo punto di arrivo. È sulla scena da poco più di dieci anni, ma ha già raggiunto una buona fama, a livello Americano, e spesso si è incrociato, sia come paragone che come carriera, con Conor Oberst, aka Bright Eyes.
La sua musica passa dal rock al country, ha venature roots e liriche tristi che parlano di privazioni, amori senza via d'uscita, perdite, dolori struggenti, vite senza alcuna speranza. Un pessimista che però, a livello musicale, media questa sua latente tristezza con una musicalità viva e creativa in cui confluiscono influenze molto diversificate: Woody Guthrie, Bob Dylan, Townes Van Zandt, George Jones, Drive By Truckers etc. Non si può catalogare il suo suono: si passa dalle bizzarrie di Persevere allo splendido folk rock di You Shouldn't Leave A Lover Alone Too Long, dal country rock di I've Seen The Love, alla ballata interiore Journal Burning Party.
Dondero sa mediare suoni e toni, alternando le fruizioni attuali (Let Go The Past) con affascinanti intro strumentali, a canzoni dalla struttura introspettiva come Summertime Suicide Vol 2. Ascoltandolo si scopre un autore che, nel giro di pochi anni ed attraverso altri cinque albums (The Pity Party, 1999, Spider West Myskhin, 2000, Shooting at the Sun, 2001, The Transient, 2003, e Live at the Hemlock, 2004) ha saputo maturare uno stile, diventando uno dei cantautori alternativi di maggior spessore. Canzoni come Let Go The Past, I've Seen The Love, South of the South, Brownsville Revival stanno lì a mostrarci la strada. The One That Fell from The Vine la conclude al la grande.