CARY SWINNEY (Big Shots)
Discografia border=parole del Pelle

  

  Recensione del  20/10/2005
    

Nuovo album per Cary Swinney, songwriter Texano, già autore di un paio di prove interessanti: Human Masquerade (1997) e Martha (2000), lo avevano segnalato anche dalle nostre parti con buone recensioni e Big Shots non fà che confermare ciò che di buono era già stato scritto su di lui- Si tratta di un bel disco in cui la creatività di Cary Swinney ha libero sfogo, trovando la forma che di volta in volta gli si addice. Sicuramente ha più di un rimando ad alcuni grandi autori suoi conterranei (Guy Clark per l'approccio disincantato e asciutto, ma estremamente coinvolgente), ma la sua impronta personale si sente, cambiando spesso le carte in tavola senza mai perdere però il filo del discorso.
Strutturalmente acustico, eppure capace di notevoli impennate elettriche in alcuni brani, vede la presenza di un nutrito gruppo di session men, quasi tutti alle prese con strumenti a corda, fra i quali troviamo il nome di Lloyd Maynes. Il disco parte spedito con Noah's Ark, country folk song, ottimo banco di prova per violino e chitarra acustica, per passare a Dawson Country, che inizia come una fra le più classiche talkin'songs acustiche e che trasfigura in una tesa rock ballad con chitarre elettriche impegnate in assoli pregnanti e l'Hammond ad ingrassare un suono altrimenti troppo secco.
A Hero On A Square cambia ancora: ballata folk, tipicamente cantautorale, per voce e chitarra impreziosita dal mandolino; American History, allegra marcetta country, ci accompagna a Santa Fe Afternoon, 6'51'' di pura "art of songwriting", dove bastano una chitarra acustica e pochi, dosati tocchi di pianoforte a farne uno dei momenti più emozionanti di tutto il disco. Si continua così tra ballate acustiche, secche come l'aria del deserto texano con una steel che ricama in lontananza (Livin'In My Head e Bigshots) alternate ad altre leggermente più addolcite e lievemente elettrificate (Almost Persuaded), ma che non spostano il baricentro delle emozioni.
Parades Down Main Streets è un altro dei motivi che mi spingono a parlare bene di questo disco, sospesa com'è in un sapiente equilibrio di sonorità tipicamente roots, che confezionano un abito sonoro perfetto per questa slow ballad dal testo finemente introspettivo. Sicuramente una piacevole sorpresa, assolutamente non scontato, che, malgrado la semplicità apparente di alcuni arrangiamenti si svela ascolto dopo ascolto, lasciandoci l'impressione di aver trovato un altro songwriter su cui contare per il futuro.