Hank III è proprio il diretto discendente del nonno. Ha ben poco del padre, il pasciuto
Hank Williams Jr, mentre si rifà al grande
Hank Williams. Di lui ha la stessa conformazione fisica, il volto ossuto ed allungato, il corpo magro, la voglia di trasgredire e l'amore viscerale per le tradizioni. Vino, donne e canto, ma anche against the rules, sempre contro le regole: Hank III se ne fotte delle convenzioni, suona anche rock e punk ma, su disco, fa country puro e diretto.
Uno che non la manda a dire e che nei due CD che compongono questo suo nuovo lavoro parte dalle radici per portare avanti un discorso profondamente tradizionale (almeno a livello musicale, i testi sono già molto più irriverenti, come i titoli delle canzoni:
Dick in Dixie, Straight to Hell, Pills I Tooks, Smoke & Wine, My Drinkin' Problem). Il disco parte con
Satan is Real, noto brano dei Louvin Brothers, accennato e poi allontanato da una risata satanica. Risata che introduce la canzone che da il titolo alla raccolta, una canzone manifesto della vita dell'autore, una testimonianza della sua sregolatezza e della sua genialità. Ma le canzoni, dalla title track a
Country Heroes, da
Things you Do to Me a
Smoke e Wine, da
Angels of Sin a
Not Everybody Like Us scavano nella vera musica country, sono forti ed evocative, intense e pulsanti.
D. Ray White, voce e chitarra, inizia come una classica ballata western:
Way Down in West Virginia sono le prime parole e poi si sviluppa come uno standard della canzone folk.
Qui sta la forza di Hank III, di catturare l'essenza della tradizione e di rimestarla con la sua ribellione, di stare al passo coi tempi nelle liriche, ma di tornare indietro di un secolo con le melodie.
Straight to Hell è il disco più bello e disperato, intenso e profondo, che la musica country abbia visto da lungo tempo a questa parte ed Hank III non è più una promessa ma un solida realtà: poco importa che la casa discografica ne abbia rallentato l'ascesa, questo è il prezzo che si deve pagare quando si fa musica di qualità, quando si va contro corrente. Oggi a Nashville vanno i countrymen come Toby Keith e Gretchen Wilson, per nominarne un paio, gente di facciata che fa musica superficiale, spesso irritante. Hank III è uno che va dritto allo scopo, che fa vera musica, che offre una manciata di canzoni di grande spessore.
La sua innata voglia di ribellione che si esprime nei concerti punk o nei testi di
Dick in Dixie, Pills I Took, Smoke and Wine, My Drinkin' Problem (evitiamo la traduzione, specie del primo titolo) ben si compendiano con l'assoluta classicità del suono, il che da al disco un'aura magica, una visione totale che arriva al cuore, con violino e steel che si fondono con la voce aguzza dell'autore. E se la tradizione del suono è il pane quotidiano di Hank III, ascoltate la virulenza di
Smoke and Wine con il banjo impazzito che affianca una sezione ritmica che va come un treno.
Il secondo disco propone, dopo la splendida
Louisiana Stripes, una ballad acustica di grande intensità, un lungo brano nascosto di 42 minuti dove ci sono canzoni e rumori. Un brano sicuramente fuori dalle logiche commerciali (ma il secondo disco è in omaggio), dove il nostro unisce un pizzico di ambient noise, rumori di treni, qualche dialogo, effetti riverbero, temporali e acqua che scorre ad una serie di canzoni, eseguite per lo più voce e chitarra:
I Could Never Be Ashamed of You, Smoke & Wine (diversa da quella del primo CD),
Alone & Dying, On My Own, Back By My side, Take My pain, What's His Name, Down in Houston, Up in Smoke.
My Drinking Problem sembra uscita da un album di Dwight Yoakam, tanto è simile come struttura e melodia, mentre
Crazed Country Rebel (autobiografica?) è una composizione pulsante che mischia in modo egregio antico e moderno. Che poi è la costante di tutto il disco:
Hank III scende nel cuore nascosto e al tempo stesso reale della musica tradizionale americana in modo irriverente ma osservando, dal punto di vista del suono, in modo attento le radici.