GARY ALLAN (Tough All Over)
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  Recensione del  17/01/2006
    

Gary Allan non è un novellino. Nativo della California del Sud, ha già all'attivo sei album (compreso quest'ultimo, Tough All Over), ed è indicato come una delle realtà più positive in quel di Nashville: in effetti, dopo aver ascoltato il suo nuovo lavoro, non posso che associarmi al giudizio. Gary stesso indica il suo ultimo sforzo come quello a cui è più legato, e se normalmente questa è una normalissima (e banale) mossa strategica di marketing, nel caso di Allan il giudizio ha radici più profonde. La sua vita ha infatti avuto un brusco shock il mese di Ottobre del 2004, quando la donna che aveva sposato tre anni prima si è suicidata: dopo un comprensibile periodo di sconforto, Gary ha trovato nella musica la sua ancora di salvezza, e ha iniziato a scrivere alcuni dei brani contenuti in Tough All Over, brani a suo dire (e non abbiamo motivo di dubitarne) tra i più intimi e personali da lui mai scritti.
Per completare l'album si è fatto aiutare da alcuni tra i più quotati songwriters di Nashville (Jim Lauderdale, Jamie O'Hara, Kostas), e ha ultimato un disco di tutto rispetto, con canzoni di spessore, eseguite con grinta e bravura. Gary ha una bella voce, forte e maschia, e la sua musica ha molti punti in comune con gente come Dwight Yoakam e Steve Earle, ma anche classici come Merle Haggard: un country molto elettrico quindi, in alcuni momenti decisamente rock. Inoltre il disco è prodotto in maniera perfetta, quasi come se dietro la consolle ci fossero Lloyd Maines o Pete Anderson. La title track, che apre l'album, è più rock che country: c'è il violino, ma la sezione ritmica ricorda più gli Stones, e l'armonica suona decisamente bluesy. Best I Ever Had è una bella ballata, ottimamente cucita intorno alla voce espressiva di Gary, con una melodia fluida e strumentazione rock. Non so se il singolo apripista sia questo, ma sarebbe certamente un'ottima scelta. I Just Got Back From Hell è ancora lenta, ma più elettrica e "fangosa" rispetto alla precedente.
Ring è splendida: inizia (e prosegue) come un classico brano dei Mavericks, con chitarrone anni '50, melodia fresca ma non banale e ritornello che stende. Non a caso è scritta da Kostas, già collaboratore di Raul Malo. Promise Broken è un midtempo strascicato, dall'intro classico (e forse già sentito) e dal sapore crepuscolare; la possente Nickajack Cave è, almeno nel testo, un accorato omaggio a Johnny Cash, anche se lo stile è più southern country rispetto a quello dell'uomo in nero.
La lenta Life Ain't Always Beautiful è un po' nashvilliana, ma non scende sotto il livello di guardia; He Can't Quit Her è maschia e sudista al punto giusto, mentre What Kind Of Fool è un gradevole country rock, con cori, riverberi e altre delizie. Chiudono il disco la gentile Puttin' Memories Away, puro country dal dolce refrain, No Damn Good è discorsiva e figlia del primo Steve Earle (e ha una delle migliori melodie del disco), Puttin' My Misery On Display, un lento epico che rimanda a certe cose dei Lynyrd Skynyrd. Un altro talento è tra noi, benvenuto a Gary Allan: Tough All Over è un signor disco di moderno country. Dispiace soltanto che sia nato da una tragedia familiare.