TOM RUSSELL (Raw Vision)
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  Recensione del  17/01/2006
    

Tom Russell, uno dei più validi singer songwriters della scena americana degli ultimi vent'anni (ma il suo primo disco realizzato insieme al fido Andrew Hardin è del '76) significa cowboy muisc ma anche tex-mex, country folk. Nella sua importante carriera artistica, che lo ha portato ad incidere una quindicina circa di album, è stato sostanzialmente legato a due etichette, la Philo nel suo primo periodo artistico '88-'92 e la Hightone successivamente.
Per quest'ultima ha inciso, tra gli altri, due ottimi dischi, The Rose Of San Joaquin nel '95 e Indian Cowboys Horses Dogs lo scorso anno, da considerarsi ormai dei classici e recentissimamente l'ambizioso Hotwalker, un viaggio personale attraverso l'America che coinvolge gli eroi della sua vita, lavoro appassionato e ispirato, per quanto di difficile digestione a causa dell'eccessivo parlato che lo accompagna. Questo Raw Vision, attribuito non solo a lui ma alla sua band, oltre al già citato Hardin chitarra solista, il fiddler, steel guitarist e fisarmonicista Fats Kaplin, il bassista Billy Troiani, i batteristi Charlie Caldarola e Mike Warner, è una sorta di best degli inizi, quelli legati alla etichetta di Cambridge, MA.
Con quindici pezzi all'attivo è un documento valido e convincente, da tenere da conto, perché testimonia tutta la bravura e il talento di un intraprendente storyteller, di un appassionato artista legato ai luoghi e agli uomini che hanno fatto la storia del suo paese, di un romantico balladeer dispensatore di sogni che non ha mai sbagliato un disco per scarsa vena o disimpegno.
Possiamo così ascoltare una bella carrellata di musica 'vintage americana' come opportunamente la chiama il sottotitolo dell'album, ripassando classici come Navajo Rug e Gallo del Cielo, entrambi proposti in duetto con il 'cowboy'canadese Ian Tyson, il secondo dei quali, entrato nella leggenda della country music di sangue border, capace di scaldare persino Bruce Springsteen che, dopo aver ascoltato la versione di Joe Ely, ha scritto una lettera di congratulazioni al suo autore. Rileggendo ballate di grande intensità e spessore come U.S. Steel, western style song interpretata superbamente, Blue Wing, che non per nulla dicono sia negli archivi di Johnny Cash, Veteran's Day, che con la sua carica emotiva e i suoi interventi di armonica celebra chi non è riuscito a ritornare a casa dal Vietnam.
Purgatory Road, pezzo composto con Tom Pacheco dall'architettura elettrica che condanna le superstizioni religiose, Heart Of Hearts, che sembra voler fare la concorrenza al 'boss' con quel suo ritmato sostegno fiatistico, la brillantezza della chitarra di David Hidalgo dei Los Lobos e il contributo vocale dei Katy Moffatt quasi una controfigura di Patty Scialfa, Spanish Burgundy, delicatissima apologia delle donne di Barcellona dai gradevoli spunti di violino.
Risentendo pezzi rock come Waterloo, dal solido approccio chitarristico, Home Before Dark, che tende a spruzzare profumi di jingle jangle sound, Hurricane Season, intrigante per via dei suoi cambiamenti di tempo, Haleys' Comet, che la fisarmonica cerca di strappare dalla sua andatura honky tonk.
Sorprendono le bonus tracks incluse, assai meglio di quanto ci si sarebbe potuto attendere, data la loro natura di demos o unreleased. Oil Field Girls, la più grezza di tutte, con semplice accompagnamento di chitarra e percussioni, non è per niente male e ci lascia immaginare quale impressione avrebbe potuto destare in una versione rifinita e compiuta.
Hong Kong Boy è un brillante pezzo elettrico dal ritornello particolarmente accattivante, scritto in collaborazione con Greg Trooper, gradito ospite come vocalist nell'occasione. Denver Wind, è una ballata dalla struttura definitiva, delicata e soffice, con assolo chitarristico in chiave Bakersfield sound, dedicata alle donne della città del Colorado, di cui è difficile capire la ragione per la quale sia stata finora tenuta nascosta.