TOWNES VAN ZANDT (Live at Union Chapel, London, England)
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  Recensione del  17/01/2006
    

Nove anni ci dividono ormai dalla prematura scomparsa di uno dei più grandi songwriters di ogni tempo. All'alba del 1997 un attacco cardiaco fu letale ad un corpo da tempo minato dagli eccessi senza fine di alcol e droga. Un destino infausto, tragicamente condiviso con un altro grande esponente della musica a stelle e strisce: texano come lui, anche Hank Williams era morto in quel giorno, simbolo di rinascita e di speranza. Un vuoto incolmabile quello che Townes si è lasciato alle spalle, ed il motivo è molto semplice: nessuno come lui è riuscito a dipingere quadri di vita vissuta con la stessa lucidità ed il cupo disincanto che caratterizzano le sue canzoni.
Con colori tenui e autunnali, e al tempo stesso straordinariamente vivi, la sua mano ispirata è riuscita a tratteggiare con estrema efficacia l'esistenza vissuta ai margini, dove il dolore e la difficoltà quotidiana si riflettono in quel mare interiore in cui spesso si affonda senza possibilità di riemergere. Amori contrastati e speranze deluse, storie di vittime senza preavviso in una società che difficilmente dona sprazzi di speranza: questo è l'universo di Townes, un artista che non ha mai conosciuto il successo commerciale ed uno dei pochi a disinteressarsene completamente.
Ma alcune canzoni di questo impressionista della musica restano capolavori assoluti che si collocano di diritto in quell'angolo di paradiso riservato esclusivamente ai grandi. Numerose sono le pubblicazioni postume, soprattutto live, alcune delle quali non precisamente irrinunciabili. Fermo restando che il suo masterpiece dal vivo è rappresentato tuttora dall'inarrivabile Live at the Old Quarter, Houston, Texas del 1977 (ma la registrazione risale al 1973), in questo caso ci troviamo di fronte ad una esibizione di valore, forse uno dei migliori show dell'artista nell'arco degli anni Novanta.
Durante il tour europeo del 1994 Townes Van Zandt trovò nella capitale inglese la giusta atmosfera ed il giusto luogo (basta leggere il titolo) per stemperare nell'arco di due ore tutta la sua arte e la sua intima profondità. A differenza di altre variazioni sul tema, la qualità del suono è decisamente buona, e l'acustica dell'artista, unico strumento che l'accompagna, scalda immediatamente i cuori degli astanti (un migliaio circa) in una tiepida notte londinese di fine aprile.
Townes si mostra addirittura un po' sorpreso da questa inaspettata accoglienza, e dopo un inizio abbastanza defilato il coinvolgimento prende gradualmente il sopravvento, la voce ne acquista in espressività e gli arpeggi di chitarra si fanno più sciolti ed incisivi. Il timbro vocalico risente indubbiamente della fatica di un'esistenza da sempre condotta sul filo del rasoio, ma ogni verso ed ogni tocco dello strumento sono colpi al cuore, ed è quasi impossibile non farci trasportare nelle sue confessioni intrise di dolore e tristezza.
Oltre ad una manciata di classici senza tempo, le 36 canzoni che compongono il doppio album includono diversi brani che poi andarono a far parte dell'ultima fatica in studio dell'artista, No Deeper Blue, che vide la luce nello stesso anno (ricordo in proposito Marie, The Hole e le splendide A Song For e Katie Bell). Il resto è un concentrato della sua arte, con le interessanti riletture di alcune delle sue perle tra le quali Dollar Bill Blues, If I Needed You, l'irrinunciabile Pancho & Lefty, forse il suo brano più rappresentativo, per passare alle straordinarie To Live Is To Fly, Tecumseh Valley, Rex's Blues, You Are Not Needed Now, Snowin' On Raton.
Una menzione a parte meritano The Shrimp Song, in cui Townes scherza con il pubblico (ed è un piacere sentirlo), e l'interessante versione di Still Looking For You, la cui esecuzione si interseca con una rilettura della Dead Flowers rollingstonesiana che, nella calda atmosfera che si è creata in sala, l'artista afferma di avere scritto mentre Jagger e Richards sarebbero gli autori di Still Looking For You. È senz'altro una gradevole sorpresa sentire Townes così ispirato e in un momento di lucida serenità. Questo è un disco di valore che ci consente di continuare ad amare uno dei più grandi poeti dei vinti che il cantautorato americano abbia mai conosciuto.