TODD SNIDER (That was Me 1994-1998)
Discografia border=parole del Pelle

     

  Recensione del  14/12/2005
    

Dopo un periodo travagliato di droga e di alcol Todd Snider è riaffiorato con qualche ferita e una inossidabile voglia di musica. Gli hanno dato una mano John Prine e quelli della Oh Boy Records, certi di aver salvato un'anima libera e ribelle del rock n'roll. Tra il 1994 e il 1998 Todd Snider aveva fatto parlare di sé le due sponde dell'Atlantico per una serie di dischi interessanti e gagliardi, oggi brillantemente documentati da questa preziosa antologia intitolata That Was Me. Una antologia che sintetizza al meglio i tre album di quel periodo, il fulmine a ciel sereno Songs For Daily Planet, l'ottima conferma Step Right Up e il contradditorio Viva Satellite, lavoro che tentava un graduale spostamento verso un rock chitarristico alla Tom Petty e verso ambizioni radiofoniche.
La musica con cui Snider si era fatto conoscere era un ruspante roots-rock che spaziava tra Steve Earle, Jerry Jeff Walker e Jack Ingram e assimilava blues, country, honkytonk, folk e una massiccia dose di rock, dagli Stones ai Lynyrd Skynyrd. Un rocker si dirà ma anche un songwriter acuto e ironico, piglio ribelle e modi spicci per canzoni che raccontano di un sud che non vuole troppo saperne di integrarsi nell'urbano american way of life. Il suo boogie del Daily Planet arrivò in un momento dove c'era bisogno di questa musica, un po' di roots e di country-rock del sud per togliersi di dosso l'umidità e i pesi lordi di Seattle, quel grunge che aveva dominato la scena del rock fino a qualche anno prima e in quel mentre stava cambiando pelle.
C'era una canzone nel primo album ed era una ghost song non segnalata in copertina che con buona dose di ironia e scanzonatura parlava di quel fenomeno, si intitolava Talking Seattle Grunge Rock Blues e la si ritrova intatta e ancora efficace con la sua chitarra acustica e la sua aria da ruvido folk-blues alla Dylan in questa antologia a dimostrazione che gli anni non l'hanno scalfita mentre il grunge è ormai roba da soffitta.. Todd Snider come tanti altri rockteller del sud non si è mai spacciato per innovativo preferendo cantare la vita di tutti i giorni con linguaggi legati alla musica popolare. Caso mai si è posto il problema di essere originale cercando con la sincerità di scrittura e una freschezza interpretativa di reinventare un vecchio modulo. Cosa che ha fatto coi primi due album e di cui c'è copiosa testimonianza in questa antologia.
A partire dalla ripresa di Alright Guy, voce schietta, mandolino e aria gaglioffa da novello Steve Forbert, di Easy Money titolo che è una filosofia specie in quel sud da cui Snider proviene (è nato nell'Oregon ma la sua patria è Memphis). Professa nelle sue canzoni amore verso i barboni e i vagabondi e verso quell'idea di libertà personale che caratterizza Woody Guthrie, le sue canzoni piene di umorismo e realismo parlano di camionisti, honky tonk bar, soldi facili, autostrade e metropolitane, notti insonni e taverne, naturale che finisse male e per un certo periodo sparisse dalla circolazione. Ancora da Songs For Daily Planet sono tratte Trouble, ottima ballata degna di Joe Ely, corale e piena di speranza nonostante il titolo, You Think You Know Somebody folk song errante nello stile di Ramblin' Jack Elliott e That Was Me rauca e introspettiva, col piano a sottolineare l'umore sottilmente drammatico del momento.
Step Right Up registrato con la propria band dei Nervous Wrecks si dimostra ad anni di distanza all'altezza dell'esordio col suo mix di scarni folk-blues, orgogliose ballate come Enough ed Hey Hey, nervosi rock n'roll come Late Last Night e sbuffanti honky tonk come Side Show Blues. In bella mostra anche Moondawg's Tavern che col suo incedere a singhiozzo, la slide e il testo divertente sintetizza un po'lo stile outlaw di Snider. Se i primi due album furono registrati a Nashville con la produzione di Tony Brown, per Viva Satellite Snider si spostò a Memphis e registrò negli storici Ardent Studios quello che avrebbe dovuto essere il suo breakthrough album. Cercando di ricreare il suono vintage di quegli studi, l'artista rimase in mezzo alla strada senza sapere da che parte andare.
Alcuni brani si spingevano verso un rock chitarristico alla Petty, altri rimanevano ancorati al passato. Né carne né pesce e la chiusura del contratto con la Mca. That Was Me assembla sbrigativamente le diverse facce dell'album, I Can't Complain e Double Wide Blues coi loro suoni acustici e bluesy potrebbero appartenere ai due album precedenti, Guaranteed è esposta invece verso un rock dalle venature psichedeliche che sa quasi di Black Crowes. La diciottesima traccia è una stralunata cover in versione punk di Margaritaville di Jimmy Buffet che chiude questa antologia curata con gusto e serietà.