JOHN HIATT (Live from Austin, Tx) CD/DVD
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  Recensione del  18/11/2005
    

Siamo nel 1993, il periodo è quello di Perfectly Good Guitar, pubblicato solo da qualche settimana John Hiatt si presenta sorridente sul palco, con camicia a quadrettoni e chitarra a tracolla. La voce è forte e profonda, caratterizzata e vibrante: da solo esegue Icy Blue Heart. E già i brividi scorrono lungo la schiena. Poi entrano i Guilty Dogs: Michael Ward alla chitarra (il pelatone che poi è andato per un certo periodo nei Wallflowers), Michael Urbano alla batteria ed il bravissimo Davey Faragher al basso (e doppia voce). Serata di gala: band in palla, suono potente, ed il leader sorridente e molto disponibile.
Il suono è chitarristico e muscolare e la performance secca e diretta. John è in forma e presenta, una dopo l'altra, alcune delle sue gemme, incastonandole assieme ad alcune canzoni nuove. Loving a Hurricane è solida come la roccia, le chitarre vibrano e la gente mostra subito di divertirsi. Tra un brano e l'altro il nostro ammicca, diverte, fa il pagliaccio, dice battute, ma quando attacca a suonare non ce n'è per nessuno, tutti zitti e via. When You Hold Me Tight ed una ruggente Your Dad Did, dove le chitarre la fanno da padroni, scaldano la serata. La bluesy Straight Outta Time e la nera Memphis in the Meantime confermano che siamo in una serata giusta e la seguente Something Wild, dura e vitale, chiude un trittico ad alto potenziale sonoro.
Poi Hiatt si avvicina ad un piano elettrico e delizia la platea con una versione sofferta del suo classico Have a Littte Faith in Me. Siamo a metà concerto. Ritorna la band ed attacca Buffalo River Home: una versione da brividi, possente, chitarrista, vissuta. Ancora meglio A Thing Called Love, canzone dotata di un ritornello killer e di un riff chitarristico poderoso. La Raitt l'ha resa famosa ma John la suona come nessun altro. Angel è ancora tosta mentre Tennesse Plates scorre veloce con le voci (John e Davey) che si rincorrono.
Il concerto si chiude con la bella Slow Turning. Non manca ovviamnente il bis ed eccoli di nuovo sul palco: Perfectly Good Guitar, vibrante e rocciosa, chiude una serata di rock e passione. John presenta la band e quando è la volta di Michael Ward lo chiama Claudio Chiappucci of America (a John l'Italia sta sempre nel cuore). Pur in mezzo ad un suono così elettrico le canzoni di Hiatt brillano per coerenza e melodia: sono forti, appassionate, orgogliose e vibranti. Ce ne sono pochi di cantautori come John Hiatt.