Il prolifico
Ryan Adams pubblica il secondo cd del 2005 dopo il doppio
Cold Roses e prima di un nuovo lavoro che dovrebbe uscire per dicembre. Di idee non ne mancano al nostro anche se in questa abbondanza il rischio è quello di essere dispersivo e debordante. Per fortuna le velleità commerciali di
Rock n'Roll sembrano passate e
Ryan Adams torna ad essere il singer-songwriter rock che conoscevamo ai tempi dei
Whiskeytown e di quel grande album che è
Gold.
Personalmente ho apprezzato molto
Cold Roses proprio perché ha riportato Ryan Adams sui binari di quel folk-rock misto rabbia e romanticismo che è la cosa più emozionante che riesce a fare, lasciando perdere quei maldestri tentativi di suonare come vogliono i critici americani dell'ultima ora, bramosi di trovare qualcun altro da affiancare a Strokes e compagnia bella.. Si sa, un disco di
Ryan Adams non è tutto al 100% ma quale disco lo è oggi e
Cold Roses aveva una quantità di cose di così alta qualità che sembrava che Gold fosse lì a un passo, appena dietro l'angolo.
Jacksonville city nights, che inizialmente si intitolava Jacksonville City Nights, non è la stessa cosa perché non è il rock acidulo d'autore a farla da padrone ma il country e le ballate intimiste.
È ugualmente un buon lavoro, sentito e a tratti emozionante ma non ha la stessa energica sgangherata vitalità di Cold Roses che dalla sua aveva una varietà maggiore e suoni decisamente più rock.
Jacksonville city nights è un disco molto influenzato dal country e da Gram Parsons, è un disco pieno di ballate e di pezzi lenti, è crepuscolare e intimista e rammenta i due cd ridotti di
Love Is Hell anche se l'atmosfera è meno grigia e urbana e un ruolo di prestigio, nell'economia sonora generale, la giocano le chitarre acustiche e il piano.
La vena è malinconica, alcune canzoni sono superlative,
Trains è un superbo incrocio tra il country-blues e Tim Buckley, l'oscuro e svogliato incedere di
What Sin Replaces Love testimonia della genialità dell'autore, in qualche momento ci sono echi di Byrds e The Band e
Dear John fa venire in mente il Neil Young più elegiaco ma altre canzoni sono poco rifinite, sembrano ancor aperte ad un possibile ulteriore svolgimento, si chiudono bruscamente (cosa abbastanza frequente nei dischi di Adams) e nella parte finale del disco insistono troppo sullo stesso tema finendo con l'essere un po' tediose.
Chi ama il
Ryan Adams più acustico e intimista, quello di
Heartbreaker e di
Pneumonia apprezzerà molto
Jacksonville city nights, il cui titolo descrive bene il mood crepuscolare, da fine estate del disco, chi invece abbisogna di un po' di rabbia e qualche colpo di sana elettricità rimarrà a metà strada, in bilico tra delle canzoni che danno calore ma mancano di accelerazione. Naturale frutto di un disco "pensato" attorno al piano e a ballate che rimandano a quel country-western d'autore di cui fu protagonista
Gram Parsons.
Jacksonville city nights giustifica lo spirito eclettico di Adams, la sua imprevedibilità, la sua inquietudine artistica e il suo non voler mai dare per scontato un disco, cosa che nel tempo gli ha procurato più critiche e stroncature che elogi, spesso motivate solo dai suoi modi distaccati e dalla sua antipatia, come se Van Morrison fosse simpatico e si giudicasse la sua musica dal suo carattere.
Ryan Adams è un crazy horse, un inafferrabile e
Jacksonville city nights lo conferma, quindici canzoni coi colori dell'autunno che avanza, melodie cariche di pensieri e riflessioni che trafiggono il cuore con il loro intricato romanticismo, schizzi di un mondo inferiore che si dibatte alla ricerca di una serenità che non è ancora stata trovata.
Lo dicono titoli quali
The End, My Heart Is Broken, Peaceful Valley, Don't Fail Me Now, What Sin Replaces Love, lo dice l'aria caduca di un country che in
My Heart Is Broken si veste di arrangiamenti in stile Nashville, lo dice la sognante pedal steel in lontananza di
Pa, prima di interrompersi quasi bruscamente come fosse solo un appunto di viaggio. Registrato nel più diretto dei modi, coi musicisti che suonano nella stessa stanza come fossero dal vivo e partecipano tutti insieme all'intero processo, compreso parti vocali, songwriting e produzione,
Jacksonville city nights è frutto di un lavoro collettivo tra Adams e i Cardinals ovvero il chitarrista JP Bowerstock, Jon Graboff con la pedal steel, il batterista Brad Pemberton e la bassista Catherine Popper.