PAT HANEY (Ghost of Things to Come)
Discografia border=parole del Pelle

  

  Recensione del  31/01/2004
    

Ci siamo occupati di Pat Haney, cantautore originario del Kentucky, circa un paio d'anni fa, quando abbiamo recensito il suo disco d'esordio Wrong rite of passage: un buon disco, che rivelava un cantautore con le influenze giuste, una bella dose di personalità ed una manciata di canzoni di buon livello. Ghost of things to come, questo il titolo del nuovo lavoro di Pat, è ancora meglio: Haney si rivela un songwriter intenso e profondo, molto influenzato da Townes Van Zandt (anche la voce, profonda e vissuta, ricorda quella del grande texano), che racconta storie quotidiane di gente comune, privilegiando le ballate ed i toni dimessi (Pat è presente anche nel recente tributo a Van Zandt "Poet", con l'intensa Waiting around to die).
Ma non pensate che Pat sia solo un clone dello storyteller texano: egli parte da Townes, ma la sua vena non è così pessimistica, ha anche l'ironia di John Prine, e anche punti di contatto con Steve Earle e, in tono minore, con Bob Dylan. Abbiamo detto che Pat predilige le ballate tenui, ma non disdegna di elettrificarle, passando anche a brani più rockeggianti con estrema disinvoltura e credibilità: è del Kentucky, ma sembra in tutto e per tutto un vero texano. La road band di Haney comprende Paul Hatchett, Paul McCoy e Chet Surgener, e nel disco suonano anche validi quanto sconosciuti turnisti quali Byron House, Pete Coatney e Tim Krekel.
L'album parte col piede giusto con la title track: intra classico, con la chitarra acustica che precede l'entrata dell'elettrica e della sezione ritmica, e la voce di Pat, molto fluida, che tesse una melodia profondamente evocativa. Licts è splendida: parte come una ballata triste (alla Townes), poi si elettrifica, il ritmo cresce e diventa una grande western song, molto texana, con un chitarrone alla Duane Eddy a tirare le fila. La tenue Nursing home è un racconto triste, che tratta della solitudine della vecchiaia (vi ricordate Hello in there di Prine?); Out last night è un'altra ballata molto intensa, con base acustica ed una bella armonica. Non è da meno Hey there mister, folk song elettrificata molto discorsiva, con un bel pianoforte, un ritornello da applausi e la lezione di Dylan ben presente; la rockeggiante Fifteen years da una scossa al disco, avvicinandosi a certe cose di Steve Earle.
Una prima metà di album molto intensa: Haney ha indubbiamente le idee chiare ed una penna di prim'ordine. Like my daddy did è un'altra vibrante ballad, ancora con Earle nei cromosomi, Bathtub song dall'andamento di valzer, è prineiana al 100%, ma non per questo spersonalizza il modo di Pat di fare musica. La chitarristica Here without you precede Nothing but you, urk rockabilly con implicazioni roots (si può dire rootsabilly?); ancora meglio Come on back to Bowling Green, un rock'n'roll irresistibile con tanto di slide impazzita, mentre la spoglia Southern witch, solo voce, chitarra e basso, riporta Pat nel territorio caro al compianto Van Zandt.
Un bel disco, senza sbavature o cadute di tono, degno dei grandi cantautori che hanno fatto la storia della musica americana; non sto esagerando: Ghost of things to come è un album di rara intensità, e Pat Haney un autore che sa toccare le corde giuste.