C'era una volta una piccola roots band del New England che portava alta la bandiera del rock provinciale: si chiamavano
Say Zu Zu e ci ricordiamo come riscossero consensi entusiasti più in terra europea (due dischi anche per la Blue Rose in Germania) che in patria. Curiosità a cui siamo ormai abituati, nonostante si potesse anche obiettare la presenza, nel mondo alternative country, di gruppi stilisticamente più talentuosi. In fondo i
Say Zu Zu avevano però dalla loro parte una genuinità ed una coesione che soprattutto nell'aspetto live aveva giustificato il loro culto: l'incerto
Live in Germany di due anni orsono non gli rendeva giustizia, ma chiudeva in ogni caso quella felice avventura.
Oggi il primo elemento della band a rimettersi in gioco è
Jon Nolan, che anticipa il vecchio compagno Cliff Murphy pubblicando l'esordio
When the Summers Lasted Long seguendo le categoriche regole dell'assoluta indipendenza. Prodotto in casa, suonando spesso tutti gli strumenti e comunque con l'ausilio di un ristretto manipolo di musicisti (tra questi Ken Schopf alla batteria, Nolan McKelvey al basso, Jim Gambino dei Swinging Steaks all'organo), il disco è la quintessenza dell'onesta filosofia di Nolan, un songwriter che deve senz'altro crescere, ma sa dosare radici, melodia e rock'n'roll con un gusto da piccolo artigiano della canzone.
Nonostante il budget ridotto e le inevitabili sofferenze che ne conseguono (al mixaggio arriva tuttavia in soccorso il guru di Boston Paul Kolderie, già con Uncle Tupelo, Buffalo Tom, Morphine…) le nuove canzoni hanno il merito di indicare un nuovo percorso che non rimpiange affatto il passato, se non sporadicamente nella bluegrass oriented
Cupboard, preferendo piuttosto cercare nuovi sbocchi alla propria scrittura. Faranno piacere ai meno intrasigenti nostalgici del suono roots, le declinazioni elettro-acustiche di
So Much in apertura, così come la deliziosa ballata
Mary (Won't You Come Along?), entrambe attraversate da un fremito pop che di cui non eravamo al corrente.
Nolan sembra pagare a volte in termini di precisione (
Every Morning, On and On e
Waiting lasciano sul campo diverse buone intuizioni, che avrebbero dovuto ricevere più attenzioni in fase di arrangiamento), ma d'altra parte si concede solamente al suo istinto, con testi abbastanza personali. Così escono dal cilindro piccoli gioielli, tra cui l'intensa
All Dried Up, ballata elettrica rinvigorita dall'organo di Gambino, che ricopre un ruolo fondamentale anche nella spensierata
Hey Now, un altro buon saggio pop. In questi frangenti ci sono idee sufficienti per ritagliarsi un proprio spazio ed una propria maturità artistica.