RICHMOND FONTAINE (Obliteration by Time)
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  Recensione del  02/10/2005
    

Negli ultimi anni, i Richmond Fontaine hanno confermato la continuità della loro produzione, rafforzando il sodalizio con la El Cortez Records, già avviato nel 2001 per la pubblicazione di Winnemucca. La band di Willy Vlautin aveva piantato le proprie radici a Portland nel 1994, ispirandosi a Blasters, Replacements e Husker Du, e procedendo sulla scia dell'alt-country degli Uncle Tupelo. Winnemucca è importante soprattutto perché segnò una svolta musicale: con quel disco, la band abbandonò infatti l'alt-country più ruvido degli esordi per indirizzarsi ad un suono più acustico, pacato e confacente allo stile narrativo del proprio leader.
Col passare del tempo, Vlautin è andato aumentando la propria sensibilità cantautorale, cosicché le tematiche affrontate si sono tramutate in solitarie storie di vita quotidiana, brevi episodi di depressione e vicende di riscatto. Post to Wire, una sorta di concept-album edito nel 2003, fu proprio lo stadio finale di quest'evoluzione, il punto più alto: il loro disco meglio riuscito. Di recente, i Richmond Fontaine hanno pubblicato un paio di lavori contemporaneamente, sebbene con intenti differenti: i due dischi parlano soprattutto due lingue diametralmente opposte. Mentre The Fitzgerald, ampiamente trattato sulle nostre pagine, offre una certa continuità all'evoluzione sonora e narrativa degli ultimi anni, Obliteration By Time sembra stato invece pubblicato proprio per evitare che le essenze migliori degli esordi andassero dimenticate o addirittura smarrite.
Per quest'ultimo infatti, la band ha da poco re-inciso alcuni estratti di Safety e Miles From (i primi due dischi), a suo tempo registrati nella vecchia casa di Vlautin in forma poco più che artigianale. Obliteration By Time raccoglie ben diciassette brani dallo stile più marcatamente rock (tra i quali Pink Turns To Blue, una cover degli Husker Du), che mostrano una verve oggi inusuale se non fosse per alcune parentesi, come Seattle, Blinding Sight e Chinatown (primi rudimenti del loro attuale "marchio di fabbrica").
Le nuove versioni lasciano assaporare di nuovo l'integrità dell'alt-country più battagliero, quello dai consistenti apporti chitarristici, evidenti in Give Me Time, Dayton, Oh. 1968 e nelle bellissime Novocaine e White Line Fever. Troviamo altresì tracce come Harold's Club, Song For Dead Moon e Pink Turns To Blue, che riprendono invece ritmi sul filone tipicamente punk. In Obliteration By Time riecheggia il suono No Depression: di certo si tratta di un'eccellente testimonianza delle potenzialità dei Richmond Fontaine.