DAVID GRAY (Life in Slow Motion)
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  Recensione del  25/09/2005
    

David Gray, inglese di Manchester, deve alla verde Irlanda la sua fama. Infatti il grande successo di White Ladder è nato proprio nell'isola color smeraldo, prima che nel resto del mondo. Ha esordito nel 1993 con l'ottimo A Century Ends, fin troppo sottovalutato, ed ha registrato, di seguito Flesh ('94) e Sell Sell Sell ('96). Ma nessuno, Busca escluso, si è accorto di lui. Ha però fatto breccia in qualche cuore americano tanto che il suo terzo lavoro è stato edito prima oltre oceano che nella vecchia Europa. Poi, stanco e disilluso, ha quasi deciso di smettere.
Ma, tre anni dopo, è riapparso con un album registrato in economia nel suo appartamento londinese, White Ladder, che si è rivelato un successo di proporzioni monumentali (6 milioni di copie a livello mondiale) e che lo fatto diventare di colpo una star. (Caso analogo a quello del sopravvalutato Damien Rice). Un disco osannato dai più che però a me non è piaciuto molto ed ancora meno mi è piaciuto A New day at Midnight. Pubblicato nel 2002 A New Day at Midnight non ha venduto come il precedente, ma si è difeso: quattro milioni di copie. Ora David torna, dopo due anni di silenzio, con un nuovo lavoro, il più ambizioso della sua carriera.
Un disco di ballate, sin troppo lavorato, che ha diverse canzoni di peso ma anche qualche momento di noia. Si sono perse le tracce del balladeer elettroacustico, fiero e vibrante, che aveva contraddistinto la prima parte della sua carriera (ma anche l'eccellente antologia di inediti Lost Songs '95'98) a vantaggio di una costruzione melodica più complessa e di canzoni certamente più articolate. Ma la complessità della costruzione melodica non è sinonimo di qualità e David Gray scivola verso un suono più facile ma anche più anonimo. Probabilmente questo disco avrà parecchio successo, ma non verrà certo ricordato come una pietra miliare.
Ci sono comunque delle canzoni valide: The One I Love ad esempio, che mantiene alto il pathos e gioca le sue carte su una melodia intensa e toccante. Una canzone vera, forse troppo arrangiata (ma è un pò la costante del disco) che comunque si ascolta con piacere. Lately prosegue su questa linea melodica ricca, con un arrangiamento corposo che però non sovrasta la canzone stessa. La produzione invadente è opera di Marius De Vries, uno con la mano pesante che in passato ha lavorato con Madonna (urea), U2, David Bowie e Rufus Wainwright. Now and Always è la canzone più lunga registrata da David: Quasi sette minuti per un pampleth melodico piuttosto ambizioso che però finisce per girare su sé stesso, ripetendo all'infinito il ritornello.
Il resto del disco alterna momenti intensi ad altri che non riescono a catturare l'attenzione più di tanto. Ormai David Gray è una star, ma non è più quello che abbiamo amato più di dieci anni fa. Ma, si sa, quando si sta dalla parte giusta i risultati arrivano a fatica. Come possiamo dargli torto, i sei milioni di White Ladder gli danno ragione ed i quattro di A New Day at Midnight sono la conferma che le scelte operate sono state quelle giuste. Oppure no? Concludo con la frase di un amico: è bravo, ma non mi piace (scusami David se l'ho usata io).