Don Was, un produttore che nel rock'n'roll non ha bisogno di presentazioni, ha detto della gestazione di
Suicaine Gratifaction: "È raro che, registrando un disco, ci sia un solido e ottimo songwriting, dove ogni riga abbia un suo valore e non ci sia una parola sprecata. Ho cercato una produzione che fosse invisibile dal punto di vista sonoro, così che non ci fossero resti dei processi di registrazione tra Paul (Westerberg) e l'ascoltatore".
Forse è per questo che le soluzioni acustiche sono state scelte per un buon cinquanta per cento del disco a partire dalle prime due canzoni.
It's A Wonderful Lie parte con una chitarra acustica e
Paul Westerberg immerso fino in fondo nel ruolo di interprete: meno urla, più sfumature, più attenzione ai passaggi fondamentali del brano. Stesso discorso in
Self-Defense anche se questa volta è il piano lo strumento che lo accompagna: sì, Paul Westerberg è diventato più regular e l'occasione è buona per sfatare un paio di luoghi comuni. Uno, non è detto che tutti i dischi debbano per forza tirar giù i muri a furia di amplificatori e chitarre elettriche. Due, non è detto che tutte le ballate acustiche siano dei capolavori, solo perché unplugged. Tra i due banalissimi estremi c'è anche un modo di ascoltare il rock'n'roll che tiene presente le parole delle canzoni (e con Paul Westerberg, che ha qualche velleità letteraria, è proprio il caso) e la loro stessa natura.
Se ci si avvicina così a
Suicaine Gratifaction è facile scoprire un disco magnifico, anche perché Paul Westerberg ha ancora la grinta di un tempo, a cui si è aggiunta l'esperienza e una penna quanto mai felice:
Best Thing That Never Happened sembra quasi una canzone di John Mellencamp,
Lookin' Out Forever è un incrocio riuscito tra Neil Young e Tom Petty (e questi sono i nuovi punti di riferimento di Paul Westerberg) anche se il ritornello e l'inciso finale sono chiaramente distinguibili come farina del suo sacco e
Born For Me, Final Hurrah e
Tears Rolling Up Our Sleeves hanno l'atmosfera di piccoli racconti e un po' di John Lennon nel cuore.
Chi vuole una scossa, magari ricordando anche i momenti migliori di
14 Songs, deve solo lasciar scorrere la breve introduzione pianistica di
The Fugitive Kind (molto suggestiva, tra l'altro) e poi alzare il volume. Per forza: ha
The Fugitive Kind un'attacco che celebra cinquant'anni di rock'n'roll e chitarre disordinatissime che schizzano a destra e a sinistra. Anche in sottofondo a
Sunrise Always Listens che è ancora nella forma della ballata pianistica, ma con un paio di valvole che friggono: per
Paul Westerberg è "fottuta folk music", per Don Was (che, tanto per ricordarlo, ha lavorato con Rolling Stones e Bob Dylan) qualcosa "di buono, diretto e con un grande senso di integrità".
Il punto è proprio questo:
Suicaine Gratifaction non viene a patti con l'imperante banalità, con i revival degli anni Ottanta (a proposito: noi ascoltavamo i Replacements, i Dream Syndicate, i Green On Red, le Violent Femmes, i Blasters, i Los Lobos, gli X e così via), ma solo con il mondo di Paul Westerberg e con le sue canzoni. Acustiche o meno, come
Whatever Makes You Happy e
Actor In The Street è del tutto relativo: lui è onesto a fare dischi così e altrettanto sinceri dovremmo essere noi ad ascoltarli senza pregiudizi. E con un po' di tatto: nel finale,
Bookmark, sembra una canzone tra Tom Waits e Leonard Cohen, a riprova che
Paul Westerberg è ormai tra i migliori e più importanti songwriter della sua generazione.
Il fatto che provenga da quella rissosa, irascibile, caotica e leggendaria rock'n'roll band che erano i Replacements non può che farci sorridere: anche i giovani bastardi crescono. Compratevi
Suicaine Gratifaction e se non l'avete ancora fatto, All For Nothing (Nothing For All): questo è rock'n'roll al cento per cento, buono anche dal 2000 in poi.