Onesto, libero e sincero
Paul Westerberg è sempre stato un natural born outsider, fuori dai giochi non meno che dai compromessi e le sue canzoni e il suo sound non hanno fatto altro che riflettere la realtà della sua esistenza. Furioso, acido e scombinato (ma anche geniale) ai tempi dei Replacements; via via più organico, coerente e ordinato nel resto della sua carriera solista (escludendo dall'elenco le curiose deviazioni di percorso di
Grandpa Boy),
Paul Westerberg si è assicurato un modello di songwriting riconoscibilissimo, semplice e immediato in cui
Folker si identifica completamente.
I demoni del passato sono stati messi a tacere e se
Folker non aggiunge nulla di nuovo, perché ormai da anni
Paul Westerberg gira attorno alla stessa idea, riesce a convincere per la sua linearità e per la sua omogeneità, tutte costruite attorno ad un suono grezzo ma non privo di un suo stile, che mostra una qualità ancora intaccata dall'usura e dai tempi.
In questo
Folker può essere per lui quello che è stato
All Shook Down per i Replacements: una sorta di punto di non ritorno, perché è un disco che si regge su un equilibrio sorprendente: il procedere a zig zag di
Paul Westerberg (e Granpa Boy) qui si risolve in un disco di tiepide ballate, spesso con le chitarre acustiche in evidenza, e qualche rocambolesco rock'n'roll, ma il tutto scorre con una serenità che è la vera e propria novità e che ci fa piacere prima di tutto per l'uomo, e poi anche per il musicista. Proprio per l'unità ideale di
Folker è abbastanza difficile selezionare una canzone più di un'altra (essendo tutte ai livelli migliori di Paul Westerberg).
Bisogna segnalare l'inedita ironia di
Jingle (all'inizio) così come lo sberleffo di
Folkstar (alla fine e, a dispetto del titolo, è rumorosa e caotica), ma anche la dolcezza infinita di
Lookin' Up In Heaven, l'intreccio di chitarre acustiche (scintillanti) ed elettriche di
Now I Wonder, gli accenti vagamenti country & western di
Anyway's All Right, le melodie di
As Far As I Know, How Can You Like Him? e
Breathe Some New Life.
Volendo speculare è come se in tutti questi anni, con un lungo lavoro di sintesi,
Paul Westerberg avesse preso il meglio dai Beatles (le canzoni) e dai Rolling Stones (il sound di Exile On Main Street e Sticky Fingers) per trovare la propria voce che in
Folker trova una delle sue versioni più ispirate. Non sarà un capolavoro però: a) rispetto a quello che si è sentito quest'anno (poco o niente) brilla di suo; b) una volta inserito nel lettore, non ne esce più e diventa la soundtrack ideale per l'autunno e l'inverno a venire.