PAUL WESTERBERG (Folker)
Discografia border=Pelle

     

  Recensione del  15/11/2004
    

Onesto, libero e sincero Paul Westerberg è sempre stato un natural born outsider, fuori dai giochi non meno che dai compromessi e le sue canzoni e il suo sound non hanno fatto altro che riflettere la realtà della sua esistenza. Furioso, acido e scombinato (ma anche geniale) ai tempi dei Replacements; via via più organico, coerente e ordinato nel resto della sua carriera solista (escludendo dall'elenco le curiose deviazioni di percorso di Grandpa Boy), Paul Westerberg si è assicurato un modello di songwriting riconoscibilissimo, semplice e immediato in cui Folker si identifica completamente.
I demoni del passato sono stati messi a tacere e se Folker non aggiunge nulla di nuovo, perché ormai da anni Paul Westerberg gira attorno alla stessa idea, riesce a convincere per la sua linearità e per la sua omogeneità, tutte costruite attorno ad un suono grezzo ma non privo di un suo stile, che mostra una qualità ancora intaccata dall'usura e dai tempi.
In questo Folker può essere per lui quello che è stato All Shook Down per i Replacements: una sorta di punto di non ritorno, perché è un disco che si regge su un equilibrio sorprendente: il procedere a zig zag di Paul Westerberg (e Granpa Boy) qui si risolve in un disco di tiepide ballate, spesso con le chitarre acustiche in evidenza, e qualche rocambolesco rock'n'roll, ma il tutto scorre con una serenità che è la vera e propria novità e che ci fa piacere prima di tutto per l'uomo, e poi anche per il musicista. Proprio per l'unità ideale di Folker è abbastanza difficile selezionare una canzone più di un'altra (essendo tutte ai livelli migliori di Paul Westerberg).
Bisogna segnalare l'inedita ironia di Jingle (all'inizio) così come lo sberleffo di Folkstar (alla fine e, a dispetto del titolo, è rumorosa e caotica), ma anche la dolcezza infinita di Lookin' Up In Heaven, l'intreccio di chitarre acustiche (scintillanti) ed elettriche di Now I Wonder, gli accenti vagamenti country & western di Anyway's All Right, le melodie di As Far As I Know, How Can You Like Him? e Breathe Some New Life.
Volendo speculare è come se in tutti questi anni, con un lungo lavoro di sintesi, Paul Westerberg avesse preso il meglio dai Beatles (le canzoni) e dai Rolling Stones (il sound di Exile On Main Street e Sticky Fingers) per trovare la propria voce che in Folker trova una delle sue versioni più ispirate. Non sarà un capolavoro però: a) rispetto a quello che si è sentito quest'anno (poco o niente) brilla di suo; b) una volta inserito nel lettore, non ne esce più e diventa la soundtrack ideale per l'autunno e l'inverno a venire.