Il problema di
Stephen Bruton, eccellente chitarrista e buon cantante, è quello di scrivere solo buone canzoni ma, raramente, grandi canzoni. Un problema che il nostro, sideman di lusso per gran parte della sua carriera, si porta dietro da quando ha deciso di diventare solista e di fare dischi a suo nome. E
Spirit World riflette appieno questo problema. È un buon disco, è ben suonato, contiene buona musica, ma gli manca quel quid che supera la soglia della normalità. Solo l'iniziale
Yo Yo, grazie ad un crescendo intrigante ed ad una costruzione melodica geniale, si eleva dalla media generale del disco.
Spirit World è il quarto album del texano, dopo
What It Is (92),
Right on Time (95),
Nothing But The Truth (99).
Bruton propone un invitante cocktail di rock elettro-acustico, blues, soul, country ed Americana. Un pop rock sano e rigenerante come conferma
Spirit World che, alla lunga, risulta il suo sforzo più riuscito. Dotato di una buona voce, circondato da una strumentazione adeguata, Stephen quindi è in grado di intrattenere ma non di sorprendere. Se
Yo Yo è comunque una bella canzone, grazie anche alla melodia centrata ed all'uso insistito dell'organo,
Teach Me How To Stay ci riporta nell'ambito delle canzoni ben fatte, ben suonate, ma prive di particolari intuizioni.
Niente di negativo in questo, anche perché la canzone scivola in modo piacevole sulla chitarra del leader, sull'uso delle voci e sull'organo di Sean Hopper.
Longshot Longshadow è più nera, con un tempo quasi funky, mentre
Acre of Snakes è una ballata ad ampio respiro giocata su una solida base melodica ed un cantato che richiama Mark Knopfler. Il disco prosegue su questa linea, buona musica senza particolari intuizioni, che si ascolta piacevolmente. Come confermano la tenue
Just a Dream, l'introspettiva
Spirit World (assieme a
Yo Yo la cosa migliore del disco, con un intro di chitarra di grande presa), la bluesata
Liar Out of You.