SON VOLT (A Retrospective: 1995 - 2000)
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  Recensione del  30/07/2005
    

Mentre attendiamo l'uscita del nuovo album dei Son Volt, che Jay Farrar ha riformato con musicisti completamente diversi (Okemah and the Melody of Riot), abbiamo tutto il tempo per gustare l'antologia dedicata ad una band decisamente sottostimata. Ebbene, riascoltando queste venti canzoni (ma dieci sono rare o inedite) si capisce quanto valida fosse la band di Jay Farrar e quanta poca fortuna abbia avuto negli anni che è stata assieme. I Son Volt hanno registrato tre albums: Trace nel 1995, quindi Straightaways nel '97 e Wide Swing Tremolo nel 1998. Tre dischi che hanno segnato il cammino del suono Americana, come avevano fatto gli Uncle Tupelo (band da cui sono venuti fuori Son Volt e Wilco), anche se in modo più esponenziale.
Il suono dei Son Volt, molto roots, molto legato alle antiche tradizioni della musica rurale, si basava sopratutto sulla voce stanca e distaccata di Farrar. Risentite oggi queste canzoni sono ancora meglio di quanto erano sembrate anni fa (ma a noi del Busca i Son Volt erano piaciuti, li avevamo anche copertinati). Country e rock mischiati ad arte con ballate profonde e tristi al tempo stesso come Drown, Windfall e Route: canzoni che sono dei piccoli quadri su una provincia sperduta e desolata, dove le ruspe cambiano la storia e la gente non ha più prospettive. Un mondo pieno di tradizioni che la vita moderna sta facendo diventare grigio ed inutile (e non accade solo in Usa...).
Farrar era ed è un cantore della marginalità, del particolare, della vita quotidiana: la vita che conduce la gente che lavora e che non ha abbastanza mezzi per uscirne. C'è l'amore per la musica, quella vera, ed il gusto della canzone e della melodia. Ascoltate Rex's Blues di Townes Van Zandt, apparsa su una compilation da tempo introvabile (Red Hot + Bothered) dove Jay in coppia con Kelly Willis rende uno squisito omaggio al grande texano. Oppure la malinconia intensa di Too Early, sfiorata da una fisarmonica, o la rara Looking At The World Through a Windshield (apparsa solo sulla soundtrack di Feeling Minnesota), vecchia country song resa celebre da Del Reeves. Ma, se non siete convinti, ascoltate allora la splendida I'Ve Got To Know di Woody Guthrie.
Si tratta di un inedito che Jay rende alla sua maniera, in modo spoglio e diretto, mantenendo in pieno il pathos di Guthrie e cantando con una voce roca e sofferta. Un capolavoro. Il resto prosegue tra rock e radici, con ballate elettriche come Picking Up The Signal, Back into Your World, Straightface, oppure country songs come l'arcinota Creosote o la cover di Tulsa County (di Pamela Polland), per altro molto rara visto che è apparsa solo sull'EP Promo Switchback.
Il finale del Cd è quasi tutto inedito. Dalla nostalgica e struggente Ain't No More Cane, rilettura splendida (ed inedita) di un brano di Leadbelly (ma come si fa a non usare certe canzoni?), a Holocaust (scritta da Alex Chilton e tratta sempre dal promo EP Switchback). Poi ci sono due demos acustici, due canzoni alla Woody Guthrie, con Jay solo voce chitarra ed armonica: Loose String e Tear Stained Eye. Chiusura con la versione Live di Medicine Hat (acustica, registrata dir Acoustic Cafè, dove non si può suonare elettrico) e la cover di Open All Night di Springsteen tratta dal tributo al Boss, Badlands. Una band da riscoprire assolutamente.