STEPHEN BRUTON (From the Five)
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  Recensione del  30/07/2005
    

Cinquantanni, di Forth Worth, Texas, posto al centro di tutto e ai confini della terra; lungo l'asse di oltre trentanni ha lavorato in oltre settanta dischi e ha collaborato con gente quale Rita Coolidge, Kris Kristofferson (per conoscere il quale arrivò fino al Village, New York City), Delbert McClinton, Bonnie Raitt, Marcia Ball. Detta così, sembra l'introduzione per qualsiasi illustre sconosciuto; in realtà, tutto quello che si racconta su Stephen Bruton sembra non essere abbastanza; dovunque ti giri ne fuoriesce un pezzettino di più. Questo solitario eroe ha la capacità di raccogliere tutto quello che il suo orecchio riesce a sopportare, dal blues all'Old Timey, per poi mettere in moto la sua macchina da rock'n'roll, quel rock'n'roll che passa attraverso la scrittura di canzoni di ottima fattura.
Un altro po' di storia; suo padre Sumter Bruton Jr., batterista jazz noto a livello locale, apre un negozio di dischi nel 1957, giusto qualche anno dopo il trasferimento dal New Jersey; lì si vendono per lo più dischi di jazz e blues e il posto finisce per diventare un interessante luogo di incontro per sfaccendati e musicofili; Stephen ne rimane affascinato. Di se stesso l'amico dice che "per un certo periodo ho vissuto negli anni trenta, ascoltando tutta quella roba di Alan Lomax". Si sa poi che ha suonato in almeno tre dischi di Kristofferson, che ha preso parte alle sezioni di Pat Garret & Billy The Kid (Bob), che compare in Gettin' Over You, duetto tra Bonnie Raitt e Willie Nelson e... che da Lowell George a Gene Clark la lista non finisce più.
Ha inciso un pugno di dischi a suo nome, tra cui Nothin' But The Truth (un viaggio attraverso le pieghe della propria esistenza) e il più recente Spirit Of The World; per la New West, casa ideale per lui, vista la presenza di coinquilini quali Billy Joe Shaver e Flatlanders. E tutto quello che si dice non è ancora abbastanza, ma fuoriesce eccome da questo immenso dischetto; una scarna copia promo.
Non importa, quello che conta sono le canzoni, questa perfetta macchina da rock'n'roll che se non erro in più di un'occasione può essere il mezzo ideale per un viaggio; in piena libertà, come si suppone debba essere stata la vita di questo personaggio, che canta, suona il mandolino e il dobro, la chitarra e quant'altro, masticando country-rock e blues; innestando la marcia con Bigger Wheel, che gira a mille con quell'armonica tosta e il dobro sornione che richiama al risveglio di una rossa alba del sud.
Citando velatamente tutte le sue passioni in canzoni come Walk By Faith, polverosa almeno tanto quanto The Clock, la tenera Fading Man, la toccante Treasured Wounds, la ballad un po' malsana di Every Once In A While. Fino al tirato e purissimo errebì di Put Me Out Of Your Misery e alla perfetta rock'n'roll song di This Old World; più perfetta ancora dell'eccellente Ordinary Man, dall'introduzione un po' stones-oriented. Da non mancare.