STEVE YOUNG (Songlines Revisited Volume One)
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  Recensione del  30/07/2005
    

L'idea non è né nuova né originale: riprendere i propri classici e risuonarli aggiornandone gli arrangiamenti, in funzione dell'esperienza e di una rinnovata sensibilità, e poi organizzarli in una collezione dal sapore antologico è un'operazione a cui si sono dedicati in molti, e non sempre con risultati brillanti. Per Steve Young, un songwriter sottovalutatissimo che pure ha una carriera di trent'anni alle spalle, si è rivelata invece l'occasione per sfoderare uno splendido disco che in un colpo solo rende omaggio al suo passato e lo presenta, come già era successo con Primal Young qualche anno fa, in ottima forma.
Il sound non è molto diverso e ritorna sempre in quell'area dove country & western, rock'n'roll e rockabilly, folk e blues sono soltanto sfumature nel ritmo o nell'interpretazione perché in realtà vengono tutte dalla stessa terra. A Steve Young, cresciuto tra le canzoni di Elvis quelle di Hank Williams, viene tutto spontaneo e naturale e in Songlines Revisited Volume One si percepisce nettamente la libertà e la classe con cui rispolvera i suoi vecchi gioielli. Molti dei quali sono davvero dei classici: Lonesome, Orn'ry & Mean è stata a lungo uno dei cavalli di battaglia di Waylon Jennings; Seven Bridges Road (forse la sua canzone più conosciuta) è stata incisa tra gli altri da Joan Baez, Iain Matthews nonché, come è noto, dagli Eagles.
Hank Williams Jr. ha trasformato Montgomery In The Rain in uno standard. Oltre a queste tre canzoni, Steve Young riprende The White Trash Song, Long Way To Hollywood, Ragtime Blue Guitar, Rocksalt & Nails (e qui si torna fino al 1969 con l'omonimo album in cui suonavano Gene Clark, Chris Hillman, Bernie Leadon e Gram Parsons), Gonna Find Me A Bluebird, Alabama Highway per finire con quel filo di armonica che sottolinea My Oklahoma. Alle canzoni, già bellissime, Steve Young aggiunge molti spunti di qualità, a partire dall'interpretazione vocale che è sempre squillante sia che si tratti di emergere dal rocambolesco honky tonky di Lonesome, Orn'ry & Mean sia che serva a trovare una nuova, incantevole definizione di Seven Bridges Road.
Altre raffinatezze sono sparse a piene mani in Ragtime Blue Guitar (sembra di finire persino in un disco di David Bromberg), nella rarefatta e sublime rendition di Rocksalt & Nails e in quella altrettanto affascinante di Alabama Highway. Giusta anche l'idea di limitare ad una decina di canzoni la prima selezione del suo repertorio: c'è sempre tempo per fare il bis e i quaranta minuti scarsi di Songlines Revisited Volume One scorrono con gran classe e senza intoppi. L'unico difetto è forse la grafica astronomica del booklet che ricorda un po' certe copertine della Steve Miller Band e che non c'entra un granché con l'atmosfera delle canzoni di Steve Young, ma è un peccato veniale a fronte di una grande lezione di stile.