L'idea non è né nuova né originale: riprendere i propri classici e risuonarli aggiornandone gli arrangiamenti, in funzione dell'esperienza e di una rinnovata sensibilità, e poi organizzarli in una collezione dal sapore antologico è un'operazione a cui si sono dedicati in molti, e non sempre con risultati brillanti. Per
Steve Young, un songwriter sottovalutatissimo che pure ha una carriera di trent'anni alle spalle, si è rivelata invece l'occasione per sfoderare uno splendido disco che in un colpo solo rende omaggio al suo passato e lo presenta, come già era successo con
Primal Young qualche anno fa, in ottima forma.
Il sound non è molto diverso e ritorna sempre in quell'area dove country & western, rock'n'roll e rockabilly, folk e blues sono soltanto sfumature nel ritmo o nell'interpretazione perché in realtà vengono tutte dalla stessa terra. A
Steve Young, cresciuto tra le canzoni di Elvis quelle di Hank Williams, viene tutto spontaneo e naturale e in
Songlines Revisited Volume One si percepisce nettamente la libertà e la classe con cui rispolvera i suoi vecchi gioielli. Molti dei quali sono davvero dei classici:
Lonesome, Orn'ry & Mean è stata a lungo uno dei cavalli di battaglia di Waylon Jennings;
Seven Bridges Road (forse la sua canzone più conosciuta) è stata incisa tra gli altri da Joan Baez, Iain Matthews nonché, come è noto, dagli Eagles.
Hank Williams Jr. ha trasformato
Montgomery In The Rain in uno standard. Oltre a queste tre canzoni,
Steve Young riprende
The White Trash Song, Long Way To Hollywood, Ragtime Blue Guitar, Rocksalt & Nails (e qui si torna fino al 1969 con l'omonimo album in cui suonavano Gene Clark, Chris Hillman, Bernie Leadon e Gram Parsons),
Gonna Find Me A Bluebird, Alabama Highway per finire con quel filo di armonica che sottolinea
My Oklahoma. Alle canzoni, già bellissime,
Steve Young aggiunge molti spunti di qualità, a partire dall'interpretazione vocale che è sempre squillante sia che si tratti di emergere dal rocambolesco honky tonky di
Lonesome, Orn'ry & Mean sia che serva a trovare una nuova, incantevole definizione di
Seven Bridges Road.
Altre raffinatezze sono sparse a piene mani in
Ragtime Blue Guitar (sembra di finire persino in un disco di David Bromberg), nella rarefatta e sublime rendition di
Rocksalt & Nails e in quella altrettanto affascinante di
Alabama Highway. Giusta anche l'idea di limitare ad una decina di canzoni la prima selezione del suo repertorio: c'è sempre tempo per fare il bis e i quaranta minuti scarsi di
Songlines Revisited Volume One scorrono con gran classe e senza intoppi. L'unico difetto è forse la grafica astronomica del booklet che ricorda un po' certe copertine della Steve Miller Band e che non c'entra un granché con l'atmosfera delle canzoni di
Steve Young, ma è un peccato veniale a fronte di una grande lezione di stile.