La prima impressione è quella di un illustre sconosciuto o quasi, ammettiamolo, a meno che non andiate a scartabellare nei meandri di qualche vecchia collezione di vinili, o in qualche approfondita biografia dedicata agli anni settanta.
Frank Carillo & the Bandoleros faranno pure sorridere nel nome, ma non scherzano affatto in questo
Bad Out There, una delle più belle sorprese indipendenti del 2005 in fatto di roots rock e Americana. Infatti, a dispetto dele apparenze, non suonano tex-mex. Il loro è invece un solido rock d'autore caricato di elettricità e di radici country folk, con qualche svisata blues secondo l'occorrenza.
In poche parole un disco che suona veramente, ruvido ed elegante al tempo stesso, vivo in ogni singola nota e scritto in stato di grazia. Carillo evidentemente non è uno sprovveduto, eppure va detto che il suo curriculum tutto lascia pensare meno che ad un songwriter con il gusto che ha sfoderato nel cesellare queste sonorità. È stato un eroe minore del rock'n'roll con i misconosciuti southern rockers Doc Holiday, ha suonato con Peter Frampton (e non so se ritenerlo un vanto...) e Carly Simon, jammato in compagnia dei Led Zeppelin e dei Bad Company, inciso un paio di dischi solisti alla fine dei settanta per l'Atlantic e buon ultimo ha fatto parte della band di John Hammond jr. Insomma un professionista coi fiocchi, che ha speso una vita negli studi e sui palchi di mezzo mondo, ma in questo caso ha buttato a mare il semplice mestiere, creandosi la sua personale rock'n'roll band, i
Bandoleros:
Karl Allweier, basso,
Norman Del Tufo, percussioni,
Eddie Seville, batteria.
Inganna
Bad Out There, che apre i giochi, forse incappando nell'unico errore, con il torrido rock blues della title-track: saremmo tutti disposti a bollarlo come il solito onesto chitarrista dal taglio sudista. Non è affatto così signori, perché oltre l'ostacolo si nasconde ben altra mercanzia. Innanzi tutto la travolgente carica di Red Queen, un rock'n'roll urbano tutto asfalto e benzina da sobbalzare sulla sedia, che trova una spalla ideale in
Wrong #, apertura per acustica e armonica, esplosione "blue collar" nel ritornello, con una punta di radici offerta dal banjo dell'ospite Paul Orofino.
Potrebbe persino bastare, ma ovviamente non è finita qui: ecco allora la poesia urbana di
Chapel Street (con il piano di Chris Cubeta), il romanticismo acustico della commovente
Blame All my Troubles on the Moon, quello più rootsy di
Just a Photograph, le ombre dylaniane di
Last Plane e
The Bluebird is Gone, le tonalità notturne e swingate di
All in Chains, quelle soffuse di
With Her Pajamas On, ballata noir alla maniera del primo Tom Waits. I Bandoleros assecondano la vena di rocker a tutto tondo di Carillo, che possiede inoltre una voce al catrame che trasuda passione. Un autore dunque, prima che un semplice chitarrista, e lo confermano i testi niente affatto banali.