HANK III (Lovesick, Broke and Driftin')
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  Recensione del  26/02/2004
    

Hank III è figlio di Hank Williams Jr che, a sua volta, è figlio di Hank Williams Sr il grande, il padre della country music. Se papà Jr non è mai stato uno dei grandi, pur avendo fatto ottimi dischi che spaziano dal country al rock, dal blues al southern rock, Hank III ha esordito molto bene un paio di anni fa con un album di country sano e vibrante, seguendo le tradizioni della famiglia. Risin' Outlaw gli ha portato un cospicuo numero di fans ed ha allargato in misura notevole il suo culto (ha venduto più di 130.000 copie nei soli Stati Uniti).
Pur avendo passato diversi anni lontano dal padre, i suoi genitori avevano divorziato, il giovane Hank ha sempre vissuto la musica con grande passione ed ha iniziato a suonare in qualche punk band nella zona di Atlanta. Ha esordito nel '96 nell'album Three Hanks: Men With Broken Hearts dove, grazie alla tecnologia, duettava con il padre ed il nonno. Tre generazione di Williams a confronto. Hank III beve, fuma, ama, non segue le regole proprio come vuole la tradizione di famiglia, ed è orgoglioso di questo suo status. Purista e rigoroso il nostro non ha percorso la via paterna ma, sia nel look che nella musica, il suo punto di riferimento rimane Hank Sr. Ed i suoi due album confermano questa tesi. Vera musica country, spoglia e rigorosa, con l'honky tonk nel sangue, la sregolatezza del nonno nei cromosomi ed una genialità di fondo che gli darà sicura fama. Hank III ha quel modo di cantare svogliato e cantilenante tipico del Sud e la musica, di conseguenza, ha le medesime tonalità. Compositore in toto del materiale che esegue sa dosare emozioni e sentimento, cuore ed ardore e la sua musica è incontaminata: puro country, come si suonava cinquanta anni fa. Non ci sono strumenti fuori posto, ma tutto è centellinato attorno ad una voce che mischia nostalgia e riferimenti colti, radici e motivi di stampo classico.
Come il nonno Hank III suggella la sua musica con storie di tutti i giorni, strade desolate e polverose che attraversano paesi formati da quattro case in croce, amori senza passione, cuori spezzati, birra e whiskey a fiumi, cavalli nella prateria: i temi ricorrenti sono solitudine ed eccessi. Piccole storie senza importanza, che la musica del nostro focalizza in modo lucido. Il disco però è vario ed a brani struggenti, con il tipico passo honky tonk, come Whiskey with Sorrow, dove il violino e la steel guitar la fanno da padroni, oppure nei rock'n country tignosi come la graffiante Trashville (che si avvale di un assolo di Billy Gibbons dei ZZ Top), o la malinconica 5 Shots of Whiskey, dove armonica e violino spezzacuori guidano il motivo: una ballata di grande bellezza ma triste, costruita come un valzer lento, che definisce alla perfezione la musica del nostro. 7 Months, 39 Days inizia il disco in modo vibrante: classico honky tonk sound, con violino e ritmo acceso.
Broke, Lovesick and Driftin' è una classica broken hearted ballad dotata di un motivo coinvolgente che mischia amarezza e nostalgia e che sa di Texas lontano un miglio. Cecil Brown è la storia di un perdente e la voce del protagonista è perfetta. Lovin' and Huggin' ha invece più swing ed un innato senso del ritmo. Spesso le liriche sono disarmanti, molto semplici, talvolta profonde ed introspettive, e ricorrono frasi come "Vivere da solitario è la vita che sto vivendo" o "Mi piace stare completamente ubriaco nel fango del Mississippi". La strumentazione è semplice, pochi strumenti e la voce, con la steel di Kayton Roberts in grande evidenza, quindi il buon lavoro di turnisti come Shawn Mc Williams, Jason Brown, Michael Mc Canless e Chris Carmichael, Patrick Weickenand.
Particolarmente valido il lavoro alla stand up steel guitar (che si suona stando in piedi) di Kayton Roberts, come dimostra One Horse Town. Mississippi Mud ha ritmo ed un motivo ben strutturato, mentre la nostalgica Whiskey, Weed and Women è di sicuro tra le canzoni più belle del lavoro, con Kacey Roberts ancora in primo piano e la voce languida ma tonica di Hank III a raccontare le sue storie di gente solitaria e perdente. Chiude il CD, che supera ampiamente i 45 minuti, l'ottima rilettura in chiave country di Atlantic City di Bruce Springsteen, già apparsa su Badlands (attenzione alla bonus che viene subito dopo, tre minuti di puro yodel country).
Per chi ancora non la conosce è sicuramente un must. Hank III entra di diritto tra i grandi della musica contemporanea, anche perché, oltre ad essere un countryman di indubbio valore è anche un rocker. Infatti ha già inciso un album completamente rock, un disco duro e vibrante in completa antitesi con quanto ha fatto finora. Il grande Hank può dormire sonni tranquilli.
Hank III coniuga alla perfezione genio e sregolatezza.