ERIC BLAKELY (The Payne Anthology)
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  Recensione del  26/02/2004
    

Eric Blakely è un giovane artista californiano, originario di Berkeley, che dal 1989 ha posto la propria base operativa in quel di Austin dove in pratica si è costruito una carriera musicale assorbendo le più caratteristiche sonorità country, rock e folk del posto che costituiscono oggi la piattaforma su cui si basano fondamentalmente le sue canzoni.
Anche se è solito citare i C.C.R. come influenza principale, le sue prime esperienze musicali tuttavia appartengono al pop e ciò è ancor adesso avvertibile nel suo lavoro compositivo, in particolare per una certa attitudine nel costruire melodie molto accattivanti e luminose. Da quando si è spostato in Texas il ragazzo ha realizzato tre lavori personali che per l'occasione sono stati riassunti - con l'aggiunta di un brano completamente inedito ed uno uscito solo in Svezia, su un singolo della Dusty Records - in questa antologia della durata di poco meno di un'ora che ben illustra le sue caratteristiche musicali. La prima cosa che appare evidente in The Payne Anthology è senza alcuna ombra di dubbio la scioltezza e l'abilità con cui Eric sa muoversi attraverso differenti situazioni musicali, giacché in pratica ogni singola traccia dell'album appare in pratica diversa dall'altra: si va così da guizzanti rock'n'roll (A Lot Better Off e The Bottle Knocked You Over) a ballate acustiche d'autore (Like A Wheel e Late Last Night), passando attraverso una consistente dose di country-rock (Grandma Likes A Tin Roof, This Is Now e Waiting On Marie), sino ad arrivare alla bluesy Lemon Tree ed al bluegrass di Her Reflection In The Water, ad episodi più particolari come Uncle John's Farm, dal sapore quasi cajun, o ad un momento di puro pop come l'accattivante Hell Or High Water.
L'album non sembra seguire criteri cronologici ma privilegia semmai l'ascolto cercando di porre l'accento sulla varietà dei temi e degli arrangiamenti, che sono ovviamente decisamente molto diversi a seconda di ciascuna traccia ed hanno visto, in fase di registrazione, il contributo di alcuni importanti nomi della scena musicale texana, fra i quali è il caso di ricordare Marcia Ball, Lisa Mednick, Paul Sweeney e due maestri della chitarra come Jessie Taylor e John Inmon. Eric stesso è a sua volta un discreto chitarrista, sia acustico che elettrico, ed in qualche occasione si è preoccupato anche di suonare il basso; le sue principali qualità tuttavia si estrinsecano come compositore, con una notevole capacità, come si è detto in precedenza, nello scrivere canzoni che non fanno fatica ad imprimersi nella memoria anche dopo un ascolto superficiale.
La voce non è straordinaria e in un primo momento può non convincere affatto poiché sembra ancora un poco acerba, persino effeminata, ma in realtà sa condurre sia le melodie che il ritmo piuttosto bene: talvolta può far pensare ad un giovane Peter Case mentre in altre occasioni ricorda quella di un suo collega di New York (purtroppo del tutto sconosciuto qui) di nome Eddy Lawrence, ma in generale si può dire che risulta sufficientemente duttile, anche se forse si rivela più adatta a certe canzoni piuttosto che altre. Complessivamente dunque il semaforo è verde, e la raccolta rappresenta di certo una più che soddisfacente introduzione al lavoro dell'ennesimo artista di qualità proveniente da quella straordinaria fucina di talenti che è l'odierna scena musicale texana.