ROBBIE FULKS (Georgia Hard)
Discografia border=parole del Pelle

  

  Recensione del  26/06/2005
    

A Robbie Fulks non è mai mancata l'ironia, un sense of humor nero e corrosivo: basti pensare a certe sue composizioni degli esordi con titoli quali She Took a Lot of Pills (And Died) o Fuck this Town, dedica speciale per Nashville e la sua industria del disco. Questo atteggiamento è stato al tempo stesso un pregio ed un limite, un gusto per l'eccentrico che lo ha reso scomodo e difficilmente classificabile. Restio alle regole, Fulks ha compiuto così un percorso bizzarro, passando dal suono tradizionale dei primi dischi al rock esplosivo di Let's Kill Saturday Night, dal pop d'autore di Couples In Trouble ad un disco di cover come 13 Hillbilly Giants, fino alla realizzazione del recente, bellissimo tributo a Johnny Paycheck.
L'esordio in casa Yep Roc, label ambiziosa quanto solida, ha permesso a Fulks di recuperare in pieno lo spirito di lavori quali Country Love Songs e South Mouth: Georgia Hard è il suo omaggio alla country music degli anni d'oro, al cosiddetto suono "countrypolitan" di Roger Miller e Shel Silverstein, intervallato da un piglio più ruspante, che oscilla fra roots rock e honky tonk music di qualità. Non ha perso nemmeno la voglia di graffiare nei testi, sfiorando a volte una comicità un po' fuori luogo nel contesto maturo del disco (il duetto "ubriaco" tra marito e moglie, con Donna Fulks, in I'm Gonna Take You Home, oppure Countrier Than Thou), mantenendosi tutto sommato dentro i binari del suo personaggio, uno che non ha peli sulla lingua e spesso si fa beffe dei colleghi più blasonati.
Fin dalla copertina, dove spicca una foto ed una grafica stile sixties, Georgia Hard è un omaggio alle radici del Fulks musicista e autore: nel country rock vivace e dalle tonalità sudiste di Where There's A Road, ma soprattutto in una serie di appassionate ballate retro, tra cui spiccano il sottofondo di archi e piano di Leave It To A Loser, la nostalgica Doin' Right (For All The Wrong Reasons) e i romanticismi di You Don't Want What I Have o della stessa title track, dotata di uno splendido gioco di chitarre ed un'esplosione melodica nel ritornello che mette in evidenza la brillantezza della voce di Fulks.
In questo disco, prodotto in prima persona, è accompagnato da vecchie volpi degli studi di registrazione, tra cui Grant Tye e Redd Volkaert alle chitarre, Joe Terry al piano e Lloyd Green alla pedal steel: il team in questione funziona a meraviglia nel riproporre sprazzi di ottima honky tonk music (All You Can Cheat, Each Night I Try) e ruspante country rock elettrico (la citata Countrier Than Thou e Goodbye, Cruel Girl), scivolando con facilità dai toni dimessi e acustici di If They Could Only See Me Now (scritta con Dallas Wayne) e I Never Did Like Planes verso originali arrangiamenti come quelli contenuti nel country-folk di Coldwater, Tennessee. Robbie Fulks ha ripreso le fila della sua carriera, anche per ricordarci come un tempo doveva suonare l'autentica country music.